SALIS DELIRANTE: Tutti fuori. Tutti liberi.
- oposservatoriopoli
- 6 nov
- Tempo di lettura: 6 min
Tanto tempo fa, Fëdor Dostoevskij ci ammoniva: "Arriverà un tempo - diceva - in cui le persone intelligenti non potranno più fare una riflessione per non offendere gli imbecilli..."
Noi siamo arrivati a quel tempo.
Un tempo in cui la tolleranza è giunta ad un livello tale per cui l'intelligenza non si può più manifestare per non offendere i coglioni.
Ma c'è di più.
Siamo arrivati ad un tempo in cui sono gli imbecilli a fare le riflessioni.
Apriamo le carceri, liberiamo tutti.
Parliamoci chiaro, le carceri europee e italiane stanno collassando per cause che non si risolvono con retorica o con nuove celle.
L’affollamento è un’emergenza strutturale, l’Europa registra livelli di popolazione carceraria che mettono a rischio dignità e salute dei detenuti e la sicurezza pubblica.
Secondo Eurostat e rapporti del Consiglio d’Europa, molti paesi viaggiano attorno o oltre la soglia di capienza, con picchi drammatici in alcuni Stati.
Quindi la domanda è, restituire il problema alla sua inertizzazione e costruire più prigioni fino a quando il castello crollerà comunque?
Oppure cambiare paradigma?
Noi proponiamo la seconda opzione, e la giustifichiamo con esempi concreti e dati, scarcerazioni mirate e alternative alla detenzione funzionano, quando accompagnate a politiche di reinserimento e controllo.
Ricordate il film “Tutti dentro”?
La nostra risposta è “Tutti fuori!”
Durante la pandemia milioni di uscite anticipate e misure straordinarie hanno dimostrato una cosa importante, rilasciare persone in sovrannumero non ha scatenato un’epidemia criminale.
I primi studi e report sulle scarcerazioni veloci mostrano che, nel breve periodo, i tassi di recidiva non sono esplosi e in molti casi sono rimasti contenuti, se le scarcerazioni sono selettive e accompagnate da misure sociali.
Non è solo teoria: è esperienza applicata!
E oltre l’estero, anche l’Italia comincia a riconoscerlo, piani ministeriali recenti hanno valutato ipotesi di scarcerazione mirata per alleggerire sovraffollamento e condizioni disumane, si parla di migliaia di persone che potrebbero essere coinvolte, con limiti chiari su reati gravi.
Non è un tabù: è gestione.
Quindi basta carcere, apriamo le celle, indistintamente, tutti fuori, liberi, svincolati, sciolti, slegati dai vincoli della giustizia...
Basta carceri!
Libertà.
Come?
Come dite?
Siamo impazziti?
Noi no, però su Ilaria Salis non ci mettiamo la mano sul fuoco.
E sì, perché la “proposta” viene da lei!
Ecco l’ultima altra perla dell’europarlamentare: “Sono convintamente abolizionista, nel senso che dobbiamo riuscire ad immaginare una società senza carceri. Le persone pericolose, ci sono altri modi per sorvegliarle.”
Si, l’ha detto davvero.
Così come ha detto di vergognarsi di essere italiana, peccato però che non si faccia alcun problema ad occupare le case degli italiani.
Così come ha detto: “Non dirò mai chi nel centrodestra mi ha salvata.”
Quante cose dice la Salis, eh?
E chissà quante non ne dice...
Se l’Europarlamentare sta zitta combina guai, se parla è peggio!
Ma che dobbiamo fare con lei?
Niente, per questo l’hanno spedita in “Europa”.
Noi ci rendiamo conto che questa persona ha seri problemi di astrazione, è dissociata dalla realtà.
Ma in che mondo vive?
È qui con noi sulla terra?
Ilaria Salis parla come se la realtà fosse un’ideologia da salotto, parole alte, applausi d’occasione, zero concretezza.
“Società senza carceri”?
È una battuta morale che suona bene in un convegno, ma diventa pericolosa quando la pronuncia una rappresentante democratica.
Non è un esercizio filosofico, è politica.
Una bassa politica.
E la politica ha una responsabilità primaria, garantire la sicurezza dei cittadini e il rispetto delle leggi.
Ripetere slogan abolizionisti non libera nessuno, semmai delegittima lo Stato davanti a vittime ed a chi subisce reati ogni giorno.
La Costituzione italiana non è un “prontuario di mode progressive”, tutela la dignità della persona ma stabilisce anche limiti e tutele.
Chi propone di smantellare il sistema penale senza una “road map” credibile e senza alternative operative sta calpestando il principio di legalità.
Parlare di sorveglianza “in altri modi” senza dire come, con quali tutele e con quali risorse, è irresponsabile.
E' aria fritta che lascia il vuoto dove servirebbe progetto.
E sul piano della coerenza, vergognarsi di essere italiana e poi difendere occupazioni abusive, o sottrarsi al rendiconto pubblico con enigmatiche frasi del tipo “non dirò mai chi mi ha salvata”, non è modestia, è opacità.
La politica non è terapia individuale né confessione privata, è rappresentanza.
Se non si è in grado di spiegare le proprie scelte e i propri legami, si perde il diritto alla credibilità.
Ci si vergogna di essere italiani però ci si intasca un bello stipendio da Europarlamentare per “rappresentare” l’Italia!
Dapprima non lo era, ora lo è, è un attacco alla persona, il nostro è un richiamo feroce alla responsabilità.
Responsabilità …
Se si vuole davvero riformare l’esecuzione penale o ridurre il ricorso alla detenzione, si metta sul tavolo un piano praticabile, numeri, tempistiche, misure alternative finanziate, tutele per le vittime, sperimentazioni monitorate, valutazioni giudiziarie rafforzate.
Non si lanciano slogan che sembrano voler cancellare lo Stato di diritto e confondere il pubblico.
Infine, per rafforzare il concetto, chi rappresenta i cittadini in Europa non può vivere in un mondo fatto di proclami e iper-semplificazioni.
Se la sinistra radicale vuole essere presa sul serio, smetta di regalare ai suoi avversari il teatro dell’irresponsabilità.
Chiediamo concretezza, trasparenza e rispetto delle istituzioni e, soprattutto, che le parole non diventino l’alibi per abbandonare il dovere più semplice e sacro della politica, ovvero, proteggere chi vive, lavorare e paga le tasse in questo Paese.
D’altronde, se la Salis è riuscita a sfuggire a un processo in Ungheria grazie a un salvataggio politico, allora la sua idea di “abolire le carceri” in Italia è perfettamente coerente con la sua visione: niente regole, niente responsabilità, niente conseguenze.
Un Paese dove ognuno fa ciò che vuole, purché si dichiari “militante” o “vittima del sistema”.
Un nuovo far west...
Per lei, evidentemente, la legge vale solo quando serve a difendere sé stessa o la propria immagine, ma diventa “oppressione” se chiede conto delle proprie azioni.
È la solita doppia morale del radicalismo da salotto: giustificare tutto in nome di una libertà senza doveri, trasformare ogni sconfitta personale in battaglia ideologica.
E allora sì, è chiaro: chi viene “salvato” dalla politica finisce per voler salvare tutti, anche chi dovrebbe rispondere delle proprie scelte.
Ma questo non è garantismo: è anarchia mascherata da giustizia sociale.
E l’Italia non ha bisogno di nuovi martiri da talk show, ma di persone serie, radicate nella realtà, che credono nella legge e nella responsabilità personale.
Fratoianni e Bonelli, ma non vi rendete conto di cosa avete fatto?
Fratoianni e Bonelli… ma davvero non vi rendete conto di cosa avete fatto?
Avete trasformato un caso giudiziario in un trofeo politico, un processo in un comizio, una persona in un simbolo che non rappresenta nessuno se non voi stessi.
Avete urlato alla libertà, ma avete solo umiliato la giustizia.
Nell’ennesimo disperato tentativo di colpire il Governo Meloni avete finito per schiaffeggiare chi ogni giorno rispetta la legge, chi sconta le proprie pene senza clamore, chi crede ancora che la giustizia sia uguale per tutti.
Avete dato un segnale devastante, basta alzare la voce, basta un po’ di rumore mediatico, e la politica interviene a “salvare”.
È questo il vostro modello di giustizia?
Una giustizia a corrente alternata, che si accende solo per chi vi serve e resta spenta per chi non vi vota?
L’Italia non ha bisogno di paladini improvvisati né di ideologie travestite da buonismo, ha bisogno di regole chiare, di coerenza e di rispetto per le istituzioni.
Perché chi gioca con la giustizia, prima o poi, finisce per bruciare anche la libertà che pretende di difendere.
Gli italiani devono sapere chi siete.
Non perché vogliamo svelare curiosità private ma perché la democrazia si regge sulla conoscenza, sapere chi prende decisioni, con quali soldi, e per conto di chi è un diritto civico.
Chiediamo liste di contatti pubblici, rendiconti finanziari, cronologia politica e chiarimenti sui salvataggi istituzionali.
Solo così si giudica una classe dirigente: sui fatti, non sulle narrative.
La politica non è un reality show.
Chi detiene potere deve rispondere ai cittadini, non alle narrative.
Gli italiani devono sapere chi siete e avranno le risposte, una per una!
Se è vero che la democrazia è antifascista allora la “democrazia” la smetta di comportarsi come un regime ogni volta che qualcuno la contesta...
Sparpajateve...
a cura di Mino e Fidi@s1970










Commenti