top of page
OP Osservatorio Politico

Omicidio Pecorelli: piccole considerazioni in cerca di risposte...

  • oposservatoriopoli
  • 12 set
  • Tempo di lettura: 9 min

Considerazioni basiche portano a  domande stupide che anche i più stupidi si porrebbero.


Eppure sono proprio le domande più stupide che accendono i ragionamenti più complessi.

 

A più di 40 anni dall’omicidio restano oscuri, ad esempio, quali inquirenti arrivarono effettivamente per primi sulla scena del crimine, chi lanciò realmente l’allarme e come furono avviate le indagini.

 

Poi tutto il resto, se c’è un resto …

 

Chi intervenne sul posto?

 

Quale Ufficio di PG iniziò le indagini?

 

Quale Ufficio di PG curò le indagini?

 

Chi fu il dirigente che curò l’inchiesta.

 

In tutte le foto di repertorio inerenti l’omicidio, molte delle quali vedibili in rete, si osservano molte divise intorno all’auto di Mino (per la precisione Carabinieri e Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza), a loro volta contornate da molte persone in abiti civili, con su giacconi in pelle, giacche e cravatte, presumibilmente agenti in borghese.

Alcuni di questi con macchinette fotografiche alla mano.

Per lo più, macchine fotografiche Reflex biottiche tedesche, più precisamente Rolleiflex.

 

Negli anni '70, le forze di Polizia utilizzavano una varietà di fotocamere, tra cui fotocamere reflex (SLR) e telemetro per documentare scene del crimine e attività, spesso marche popolari come Leica e Hasselblad, oltre a sistemi con pellicola istantanea come la Polaroid SX-70 per la rapidità di ottenimento delle immagini.

 

Dove sono tutte le foto scattate al momento?

 

Si legge in rete che le indagini sull’omicidio di Mino Pecorelli, avvenuto il 20 marzo 1979, furono inizialmente esperite della Procura di Roma, con il coordinamento della Polizia di Stato, in particolare, sembra, dalla Sezione Omicidi della Squadra Mobile.

 

(Tra le figure reali più note che hanno diretto la Squadra Mobile di Roma negli anni '70 - e successivi - c'è Gennaro Monaco, detto Rino, noto per la sua lotta contro il terrorismo e la malavita organizzata, Ugo Macera che guidò altre Questure e la Criminalpol e Fernando Masone.

Purtroppo, morti tutti e tre.

Sarebbe stato interessante intervistarli sul caso…

 

Tornando a via Orazio, si apprende che sul posto dell’omocidio la prima macchina delle forze dell’ordine ad arrivare (chiamate da chi…?) fu una macchina dell’Arma dei Carabinieri con un alto ufficiale a bordo.

Un alto ufficiale???

Di pattuglia?

 

Comunque...

La  prassi vuole che l’ufficio di PG che arriva per primo segue le indagini, sia d’iniziativa che delegate, quindi avrebbe dovuto indagare l’Arma, non la Polizia.

 

Un passo indietro.

 

Alle ore 20:45 del 20 marzo 1979 Mino fu ucciso ma, a pensarci bene, la prima macchina ad arrivare fu quella di un civile, una 127 con a bordo la signora Franca che riconosce la macchina del giornalista, Franca conosce bene “Mino”, in prossimità dell’auto si ferma, vede una figura allontanarsi e lei scende, va verso la Citroen, apre lo sportello del guidatore e riconosce “Mino”, non si sa se è già morto ma è riverso sul sedile del passeggero, con il corpo verso destra.

 

Sangue ovunque, Mino “a vista” è gravemente ferito …

 

Franca si allontana, corre verso un bar alla ricerca di aiuto e nel frattempo incontra un amico e collega di Mino, Paolo.

 

Ai due in cerca di aiuto si unisce un Carabiniere che sta per entrare in servizio e che in quel momento si trovava a passare proprio per via Orazio.

 

Qualcuno (chi?) telefona alle forze dell’ordine.

Poi di nuovo la corsa di tutti e tre verso la Citroen, Franca, Paolo e il Carabiniere.

 

Dentro quella macchina c’è un corpo rivolto sul sedile del passeggero, sul tappetino è pieno di vetri e sangue e addirittura pezzi di denti rotti dalla forza violenta del proiettile penetrato sotto al labbro inferiore di Mino.

 

Franca e Paolo sono disperati, ma chi sono?

 

Sono Franca Mangiavacca, compagna e segretaria di Mino e Paolo Patrizi, il suo braccio destro di allora, caporedattore di OP.

 

Manca solo quella strana figura, quell’uomo con l’impermeabile chiaro che si allontana dal luogo dell’omicidio ma, a pensarci bene, mancano molte cose …

 

Ma il Carabiniere fuori servizio?

 

Come si chiama il Carabiniere che si trovava a passare proprio per via Orazio?

 

In che ufficio prestava servizio?

 

Ha deposto?

 

Esiste un verbale?

 

Esiste una sua relazione?

 

L’atto è forse nell’ufficio che ha operato le indagini?

 

E tutti gli “altri”?


Quelli che non si vedono in foto?

 

Tutti dentro a sequestrare il più possibile.

 

A sequestrare o "a portare via" il più possibile?

 

Nei cassetti di Pecorelli ci sono i fascicoli sul golpe Borghese, appunti sulla “Rosa dei venti”, fotocopie di corrispondenza segreta e riservata del SID (il Servizio informazioni difesa 1966/1977) e ancora il fascicolo Mi.Fo.Biali (sempre del SID), molte informazioni e appunti inediti e veline non conosciute né mai pubblicate dal resto degli organi di stampa italiani, carte che provengono di sicuro dai servizi segreti (non solo italiani) ma anche dall’allora massoneria italiana.

 

E per massoneria, in Italia, negli anni ’70, oltre il GOI s’intente solo la P2.

 

E ancora….

 

Ma, l’agenda che Mino portava sempre con sé?


Che fine ha fatto l’agenda personale di Mino?

 

Che dire?

Certe agende  spariscono nel nulla, come quella di Borsellino, ma qualcuno - o qualcuna - le avrà pur prese.

Non è possibile credere il contrario.

 

Le agende da sole non scappano dai luoghi nei quali si commettono omicidi.

Così come non si lanciano da soli, nel vuoto, gli orologi dei manager della comunicazione di certe banche …

Ma questa è un altra storia.

 

Sempre che quella di Mino, di agenda, sia mai stata realmente cercata.

 

E comunque sia, sul posto arriva una macchina dell’Arma dei Carabinieri con un alto ufficiale (sembrerebbe un Colonello...) a bordo.

 

Quasi simultaneamente arriva un’autoambulanza il cui personale medico a bordo potrà solo constatare il decesso del giornalista.

 

Ma che stranezza …

 

In ogni caso, alcuni residenti sentono “rumori”.

Ma il silenziatore riduce l’impatto.

 

Il silenziatore …

 

Ad oggi, non è chiaro chi diede l’allarme, questa è - ancora oggi - una delle mille zone d’ombra dell’inchiesta.

 

Successivamente, nel corso degli anni, il caso passò sotto varie competenze giudiziarie, tra cui la Procura di Perugia, soprattutto quando furono avviati i processi contro Giulio Andreotti e altri imputati eccellenti legati al delitto.

 

Le indagini furono inoltre complicate dal coinvolgimento di pentiti e collaboratori di giustizia, e da elementi che collegavano il delitto a servizi segreti deviati, alla P2 e alla criminalità organizzata, rendendo il quadro investigativo estremamente complesso.

 

È anche plausibile che nel 1972, l'adesione alla Loggia Propaganda Due porta qualche vantaggio a OP, infatti, il Venerabile Licio Gelli in persona invita gli iscritti a fornire ogni notizia utile a Pecorelli nell’intento di sfruttare gli articoli del giornale per l’interesse della loggia.

 Tuttavia, proprio la sua partecipazione alla P2 potrebbe essere stata la causa della sua morte.

 

Perché nessuno ha mai indagato, accertato, analizzato e verificato, che vi fossero legami stretti fra la P2 e la mafia di allora?

 

Questo connubio, questa joint-venture spiegherebbe molte cose sull’omicidio.

Ma niente... nessuno si è mai posto questa semplice domanda.

Ulteriormente.


Chi ha aperto lo sportello del passeggero anteriore della Citroen nella quale c’era, ancora caldo, il corpo di Mino?  

 

E i bossoli?

 

Perché Franca tocca i bossoli?

 

Perché?

 

Le è stato mai chiesto?

 

Franca sa nulla dell’agenda di Mino?

 

Quell’agenda che Mino portava sempre con sé, quella che era in macchina quella sera? E non quelle sequestrate (o sparite) dal suo ufficio o in casa...


Niente, nessuno si fa queste domande.

Eppure sono domande stupide.

 

Forse domande troppo stupide per l’alto quoziente investigativo di allora che, talmente alto,si è perso l’arma, poi i bossoli e chissà quante testimonianze utili...

 

Ad oggi, con le moderne tecniche investigative, un pool di investigatori di una squadra mobile di provincia qualsiasi riuscirebbe a risolvere il caso in pochi mesi.

 

Oppure all’UACV (Unità di Analisi del Crimine Violento), una struttura specializzata della Polizia di Stato italiana (parte della Polizia Scientifica), che supporta le indagini su crimini gravi e complessi analizzando informazioni e dati per aiutare gli investigatori a risolvere casi di omicidi seriali, sparizioni e altri delitti efferati. (L'UACV è stata istituita nel 1994 per far fronte al crescente numero di omicidi senza apparente movente.)


A proposito della pistola usata dal killer, pistola forse mai realmente trovata, mai vista, mai repertata, mai analizzata in ogni caso dovrebbe essere una Beretta calibro 7,65 mm (cioè in .32 ACP), un’arma molto diffusa in Italia negli anni ’60-’70.

 

Probabilmente, quindi, una Beretta serie 70 (tra i modelli 70, 71, 73, 74, 76), oppure la più diffusa Beretta 34/35 ancora in circolazione, di calibro 7,65 Browning (.32 ACP), con nun caricatore da 7-8 colpi, una pistola piccola, di uso comune, un’arma tascabile, usata da forze dell’ordine, guardie giurate e spesso anche dagli ambienti criminali perché compatta e facilmente occultabile.

 

Quattro bossoli a terra, purtroppo inquinati da Franca, comunque identificabili verosimilmente in due Fiocchi oppure perché no due molti simili come i Winchester calibro 7,65 mm Browning (.32 ACP)della cosiddetta “Serie L”, un lotto particolare di munizioni Winchester, importato in Italia in quantità molto ridotte, non erano cartucce comuni da armeria civile, risultavano distribuite a strutture militari e reparti NATO, e in minima parte a corpi speciali dello Stato.

 

E alri due bossoli verosimilmente modello Gevelot 7.65 assai rari sul mercato (anche su quello clandestino), ma dello stesso tipo di quelli che sarebbero poi stati trovati nell'arsenale della banda della Magliana, rinvenuto nei sotterranei del Ministero della Sanità.

 

Però non possiamo fare affidamento sui reperti perchè sono spariti dal deposito corpi di reato del Tribunale di Perugia, dove erano conservati.

 

La loro scomparsa è stata segnalata da agenti della Digos, che li stavano cercando per un'eventuale nuova perizia balistica, e rappresenta un ulteriore mistero in un'indagine già complessa.

 

Comunque non dovrebbe essere difficile l’indagine, basta verificare gli ultimi accessi ai corpi di reato nel mese di dicembre del 2019 …


Comunque, a proposito di indizi, la giornalista Raffaella Fanelli scrive e pubblica: "Ad ammazzare Pecorelli è stato il buon Miliziano. Tu non lo sai, ma ti ho dato un grande aiuto. - Così parlò Franco Freda.”

 

E ancora: “Ho appreso oggi che il fascicolo relativo all'omicidio di Mino Pecorelli è stato assegnato ad altro Magistrato, la D.ssa Alessandra D'Amore, la pm che ha condotto le indagini sull'omicidio di Marco Vannini.”

 

Ma, chi è il buon Miliziano?

 

Possibile che nessuno sappia chi fosse il buon Miliziano?

 

Eppure il soprannome “buon Miliziano” deve dire per forza qualcosa a qualcuno dell’epoca.

 

Se Franco Freda lo racconta e afferma di “aver dato un grande aiuto”, significa che in qualche modo ha rivelato precisamente chi uccise Mino Pecorelli.

Ovvero...il buon Miliziano...

 

Dobbiamo solo dare un volto al succitato.

Perché ora il soprannome dell’assassino di Mino è venuto fuori ed una volta assegnato il volto al soprannome arriverà il suo vero nome e cognome.

 

Quindi, una volta trovato il nome del colpevole, poi la sentenza del processo sull’omicidio di Mino Pecorelli dovrebbe cambiare...

Forse...


NO.

 

Non è difficile.


Non lo è più con le tecniche di oggi.


Ed inoltre, sempre nell’area delle domande stupide, perché non interrogare Vinciguerra?

Domenico Maglietta? E tutti coloro che con le loro dichiarazioni convergono su questa nuova "vecchia" pista?

 

Forse, alcuni potrebbero raccontare dettagli che sfuggono alla massa.

Chi può dirlo?

 

Certo che se non li ascoltiamo.

 

Se non ascoltiamo Izzo.

Che ha, di recente, affermato di sapere con certezza chi è stato l'esecutore materiale dell'omicidio, indicandone nome e cognome.

Se non ascoltiamo l’Editore ...

E sì.

Perché alcune frasi estrapolate da libri di Franco Freda, furono addirittura citate nella sentenza sulla strage di Bologna, come prova che la strage ebbe matrice ideologica neofascista.

Quindi, per certi versi, è fortemente attendibile.

E quando racconta del buon Miliziano, dato che non vuole sconti di pena né ambisce a contratti con lol Stato, perché non credergli?

 

Forse, solo perché la storia ci sfugge.

Forse, perché non la vogliamo vedere.

Forse, non la vogliamo capire.

O forse, la vogliamo evitare... l

Ad esempio: il sistema borghese e capitalista predicato da un estremista di destra come Freda è quello di perseguire la distruzione tramite un alleanza tattica con certi settori della sinistra.

 

Si avete letto bene...

 

All’epoca nella ultradestra vi era un elemento di rottura, con le ideologie ispirate al Ventennio - e ai nazionalismi europei ed ordinovisti - proponendo un'unione con alcuni elementi dell'analisi marxista.

 

Si avete di nuovo letto bene.

 

Forse il vero motivo per il quale non si vuole arrivare alla conclusione reale dell’omicidio Pecorelli è talmente devastante e attuale, che lo si vuole evitare.


La massa, forse, non è ancora pronta.


Perché lo ripetiamo, alcune frasi estrapolate da libri di Franco Freda furono citate nella sentenza sulla strage di Bologna, come prova che la strage ebbe sì matrice ideologica neofascista ma che “bisognava fare [...] una strage dalla quale non uscissero che fantasmi”.

 

Proprio dal pensiero dell’ideologo del terrorismo di estrema destra Freda (senza responsabilità penali nella strage della stazione del 2 agosto 1980) si arriva ad un concetto extrapolitico attraverso il quale, e per il quale, i Nuclei Armati Rivoluzionari di Valerio Giusva Fioravanti divengono “sostenitori” di un possibile «fronte unito rivoluzionario» tra terrorismo nero e terrorismo rosso.

 

E non lo ripeteremo ancora …

 

“…con tutti gli indizi e le prove certe del caso Mino Pecorelli si potrebbe giungere a una condanna chiara dei colpevoli.

Ma forse non si vuole.

Perché toccare quel delitto, significherebbe scoperchiare troppi segreti di Stato.

Ed  in Italia, i misteri, servono più da vivi che da risolti…”


ree

 
 
 

Commenti


OP Osservatorio Politico
GNS PRESS

Iscriviti alla nostra newsletter

Data e ora
Giorno
Mese
Anno
Orario
OreMinuti
Prodotto
Donazione
10 €
20 €
30 €

Tutte le nostre aree web, sito, blog, social "OP Osservatore Politico" non rappresentano una testata giornalistica in quanto vengono aggiornati senza alcuna periodicità.

Non possono, pertanto, considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 2001.

  • Blogger
  • Facebook
  • Instagram
  • Youtube

IL MOTTO SCELTO PER OP (Mino Pecorelli)

"Comment is free, but facts are sacred. Comment also is justly subject to a selfimposed restraint. It is well to be frank. It is even better to be fair. This is an ideal."

È una frase di C.P. Scott, direttore del Guardian per 57 anni, dal 1873 al 1930.

Copyright

© 2035 by ifyou&communicationbrother's

Powered and secured by Old&Fast Accurate Affair Group

GDPR Privacy
GNS PRESS
bottom of page