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OMICIDIO PECORELLI: e se nessuno c'avesse capito un cazzo??

  • oposservatoriopoli
  • 6 minuti fa
  • Tempo di lettura: 16 min

Oggi, proviamo a raccontarvi una storia.

 

Una storia diversa da quella propinata per anni.

 

È un po’ lunga ma, credeteci sulla parola, vale la pena leggerla tutta.

 

Una storia che parte dal Vaticano, passa BR, sequestro Moro, servizi segreti, servizi deviati, igienici e maleodoranti, sparizioni di giovani ragazze, miliardi spariti, e latitanti nascosti.

E dulcis in fundo...un killer morto che non si trova più...

 

Partiamo raccontandovi di una delle più belle zone di Roma: Balduina.

Nello specifico di una via tra le più belle e silenziose della zona: via Massimi

 

Anzi.

 

Vogliamo essere più dettagliati. Parliamo di un condominio con un civico in particolare: quello che corrisponde al numero 91

 

Tanto tempo fa, secondo le benedette statistiche nostrane la popolazione di Balduina è sempre oscillata più o meno sui 25.000 abitanti.

 

Oggi quartiere multietnico con una varietà di culture e stili di vita diversi, è un mix di famiglie, giovani professionisti, studenti e anziani, che coesistono pacificamente in una zona che in molti però, ci raccontano essere stata “complicata” …

 

Forse a causa dei suoi residenti, perché Balduina era la zona di “quelli famosi”, di quelli in vista, dei VIP.

 

Il quartiere è noto per essere stato abitato da professionisti e famiglie benestanti tra cui funzionari pubblici, imprenditori, giornalisti e molti dipendenti “quadro” della vicina sede RAI. 

 

Funzionari pubblici, giornalisti, imprenditori …

 

Stefania Orlando,Valeria Fabrizi,Bud Spencer,Massimo Giannini, laCortellesi, la moglie diModugnohanno abitato e molti abitano ancora a Balduina.

Insomma, la crème de la crème...

 

La Balduina negli anni '70 e '80 però, non era una zona "complicata" nel senso criminale, era complicata politicamente essendo considerata un bastione della destra politica - e sede - di una delle più forti sezioni missine di Roma.

 

Nella Balduina infatti, vi era la sede di una delle sezioni del Movimento Sociale Italiano (MSI) più attive a livello nazionale, la sezione Adriano Romualdi, una sezione che contribuiva a dare una “connotazione specifica” alla zona di Roma definita “nera per eccellenza”.

 

Una “terrazza” romana un po’ speciale quella della Balduina, una terrazza mediamente borghese incastrata a Monte Mario dove le radio libere si moltiplicavano senza sosta.

 

Di giorno le chiacchiere più aspre della politica inondavano la capitale mentre di notte, la vita dei balduinesi si accendeva nei “pied-à-terre” nei quali droga e politica s’intrecciavano e finivano spesso nel lasciare impronte nel sangue che continuava a scorrere nelle sue strade durante gli Anni di Piombo.

 

Eh sì, proprio gli Anni di Piombo.

 

Negli “Anni di Piombo” anche la Balduina divenne un crocevia silenzioso di quella stagione di tensioni.

 

Dietro le facce borghesi e le strade ordinate si muovevano militanti e intellettuali che avrebbero segnato, nel bene e nel male, la cronaca politica di quegli anni.

 

Più nel male che nel bene, per essere precisi.

 

Negli appartamenti di quelle vie “tranquille” si consumavano incontri segreti, nascevano cellule politiche, si ascoltavano radio clandestine.

 

La Balduina era un quartiere borghese che, all’ombra dei pini e dei terrazzi panoramici custodiva le “inquietudini” di un’intera generazione.

 

Via Massimi 91, ad esempio, si apre silenziosa tra i palazzi eleganti della Balduina dove Roma sembra respirare più lentamente.

 

Tanto lentamente che la nuova commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro ipotizzò l’esistenza di una base delle Brigate Rosse nei pressi del luogo dell’agguato, concentrando in particolare l’attenzione proprio sul complesso residenziale di Via Massimi 91.

 

Eppure, anche le conclusioni della nuova Commissione - caratterizzate da un’impostazione marcatamente “dietrologica”, fondate su indizi deboli e su ragionamenti tortuosi - affondarono nella miseria delle ipotesi non dimostrate, alimentando più sospetti che certezze.

 

Le ombre si moltiplicarono, i contorni si fecero sfocati e la verità sul caso Moro si allontanò - ancora una volta -, sommersa dal rumore delle interpretazioni e dal bisogno - tutto italiano - di cercare complotti dove forse c’era solo la tragica banalità della storia.

 

Ecco.

 

Ricordatevela bene questa frase …“dal bisogno tutto italiano di cercare complotti dove forse c’era solo la tragica banalità della storia …” perche fra poco ci servirà.

 

Ciò nonostante … se rafforzassimo i deboli indizi dellaII^ Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani (20 marzo 1980 - 9 luglio 1981) e raddrizzassimo i ragionamenti fino ad oggi tortuosi e ci concentrassimo sulla domanda per la quale “se”Aldo Moro fosse stato davvero nascosto in un appartamento inVia Massimi 91, cambierebbe qualcosa?

 

E se la domanda fosse: “L’appartamento all’attico della Palazzina B, uno dei condomini del complesso immobiliare di Via Massimi 91, era o non era un covo delle Brigate Rosse?”

Cambierebbe qualcosa?

 

No?

 

Sicuri del no?

 

E poi una serie di coincidenze che rendono questo condominio un vero e proprio mistero.

 

Perché nello stesso condominio (di proprietà esclusiva dello IOR, la Banca Vaticana) c'era anche la garconniere  di un Monsignore che amava girare “armato”: Marcinkus, il Presidente dello IOR.

Lo scorticatoio del Banchiere di Dio...

 

Condominio che i ben informati raccontano avesse un discreto viavai di giovanissime ragazze.

 

Condominio dove una coppia di insospettabili avrebbero (il condizionale è d'obbligo...) ospitato per un periodo di tre mesi il latitante brigatista Prospero Gallinari.

 

Condominio dove pare sia stato tenuto prigioniero l'onorevole Aldo Moro.

Esattamente al piano attico della palazzina B.

Dove  risulta che, nell’attico in questione e senza alcuna autorizzazione dell’epoca, fu realizzata una sorta di camera compartimentata: un piccolo vano in cui una persona avrebbe potuto vivere comodamente.

La struttura fu costruita sul terrazzo dell’attico, appoggiata a uno dei muri perimetrali dell’appartamento, in modo che una delle pareti fosse in muratura.

 

Tutto questo nella stessa palazzina...

Quantomeno particolare per essere semplici coincidenze...non credete?

 

E magari era anche un “rifugio”,  o “casa sicura”, dei servizi segreti di allora...

 

Già. Ma di quali servizi segreti?

Quelli normali o quelli deviati?

 

Torniamo a Monsignor Paul Casimir Marcinkus, già presidente dello IOR, l'Istituto per le Opere di Religione, o meglio, l’ente con personalità giuridica canonica pubblica della Città del Vaticano fondato nel 1942 da papa Pio XII, con sede in Vaticano.

 

Come? Cos’è esattamente lo IOR?

 

Diciamo che più o meno, non essendo una banca, si potrebbe inquadrare come un amministratore - e gestore - delle attività finanziarie e della “liquidità” della Santa Sede e delle Istituzioni collegate con la Santa Sede, la definizione di “banca vaticana” è un’etichetta giornalistica, non giuridica.

 

Colui che rifiutò di fornire a Papa Paolo VI i dieci miliardi che sarebbero serviti per pagare il riscatto per liberare Moro.

 

Soldi che Papa Montini trovò percorrendo altre vie, facendosi finanziare dalle famiglie ebraiche che lui stesso aveva aiutato a sfuggire ai rastrellamenti da parte dei nazisti, durante la guerra, in quel di Milano.

 

Dieci miliardi di lire...

Di cui non si è più saputo nulla...

 

E poi la madre di tutte le coincidenze.


Dalla terrazza del piano attico di Via Massimi 91 si godeva di una visuale chiara sia su Via Licinio Calvo, dove furono abbandonate le tre auto dei terroristi provenienti da Via Fani, sia su Piazza Madonna Del Cenacolo, luogo in cui, nell’autunno del 1978, furono successivamente trasbordate alcune armi legate al sequestro...

 

Ma "porca puttana"...direbbe Chicco...

 

E poi una serie di riscontri.

 

Durante una nuova indagine “allargata” sul caso Moro, nel 2017 sono state identificate due persone, allora conviventi in Via Massimi 91 che, nelle testimonianze rese ai magistrati (consulenti della Commissione), hanno esplicitamente ammesso di aver ospitato - e per alcune settimane -, nell'autunno 1978, tale Prospero Gallinari.

 

Un attimo!

 

Prospero Gallinari, brigatista rosso ideologicamente molto motivato, fece parte del nucleo armato che assassinò gli uomini della scorta di Aldo Moro nell'agguato di Via Fani e durante il sequestro, svolse il ruolo di “carceriere” dell’onorevole sequestrato.

 

Chi sono i due testimoni identificati nel 2017?

 

Dopo una lunga e tortuosa ricerca abbiamo capito che i due testimoni identificati partecipavano, a vario titolo e ruolo, alla “mobilitazione” che caratterizzò molti ambienti della sinistra extraparlamentare nel periodo del sequestro Moro, che erano un uomo e una donna e che la donna (che non siamo ancora riusciti ad identificare), frequentava il collettivo di via del Governo Vecchio, centro femminista occupato dal 1976 dal Movimento di liberazione della donna (MLD).

 

La donna era vicina a Norma Andriani (brigatista della colonna romana) e al suo compagno, Carlo Brogi, Steward all’Alitalia, esponente di spicco delle Unità Comuniste Combattenti (UCC) ex Potere Operaio.

 

Carlo Brogi confluì nelle BR qualche mese dopo l’omicidio Moro e ne uscì nel1979.

 

1979

 

Bene.

 

Diverse indagini preliminari, ci rivelano che diversi membri delle UCC, formazione di sinistra estrema e armata, ebbero varie relazioni con il mondo della politica e della cultura, con gli ambienti del Vaticano e delle istituzioni pubbliche.

 

Il nostro cerchio inizia a prendere forma.

 

Formazioni armate come le Brigate Rosse, Potere Operaio, Unità Comuniste Combattenti, collettivi, Vaticano, politica, Istituzioni pubbliche …

 

Ma, andiamo avanti.

 

Delle Unità Comuniste Combattenti (UCC) faceva parte l’ex fidanzata di Morucci.

 

A chiudere una parte del cerchio emerge che uno dei principali capi delle UCC, Guglielmo Guglielmi, ebbe solidi contatti in Francia con Hyperion e riparò successivamente inNicaragua, sede della latitanza dorata di Alessio Casimirri, il brigatista rosso cresciuto …guarda il caso...in Vaticano!

 

La nostra strana ipotesi comincia a prendere vita...

 

Così come prende vita l’ipotesi che proprio grazie al Vaticano, le Brigate Rosse tennero sequestrato Moro in un’area logistica di estrema destra.

 

I nomi dei principali brigatisti coinvolti nel caso Moro includono Mario Moretti, Lauro Azzolini, Prospero Gallinari, Franco Bonisoli, Rocco Micaletto, Valerio Morucci, Bruno Seghetti, Adriana Faranda e Alessio Casimirri.

 

Anche altri componenti, come Germano Maccari, ebbero un ruolo nel rapimento e nella gestione del prigioniero.

 

Ma fra tutti, a noi per la nostra storia interessa Prospero Gallinari.

 

Si perchéProspero Gallinarifu nel gruppo di fuoco e fu il carceriere di Aldo Moro.

 

Nascosto alla Balduina in un attico di Via Massimi 91 grazie alla complicità di due affiliati della sinistra estrema (UCC), è probabile che nascose nel medesimo stabile di proprietà del Vaticano, l’onorevole Aldo Moro.

 

Ora la facciamo più facile.

 

Sebbene non ci siano prove, o meglio, prove concrete che l'Istituto per le Opere di Religione (IOR) abbia negato un riscatto nel caso Moro, la versione dei fatti diffusa da alcune fonti indica che lo IOR, attraverso “figure” legate al Vaticano, avrebbe preso posizione “contro la possibilità di trattare con le Brigate Rosse”, posizione che avrebbe potuto essere percepita come un rifiuto a una negoziazione, sebbene il Vaticano non sia stato un interlocutore diretto nelle negoziazioni.

 

Monsignor Paul Casimir Marcinkus negava la possibilità di una trattativa con le Brigate Rosse per la liberazione di Aldo Moro, però nascondeva Prospero Gallinari e Aldo Moro in un suo appartamento...

 

Ossignore!

 

Ma vuoi vedere che la nostra storia è quella buona?

 

Certo che è difficile provare collegamenti diretti fra Monsignor Paul Casimir Marcinkus e le Brigate Rosse ma è altrettanto difficile credere, visti i fatti raccontati, che non ve ne siano...

 

È vero. Non esistono prove concrete di una connessione diretta tra il prelato e l'organizzazione terroristica ma ...

 

Nel 1979, Monsignor Paul Casimir Marcinkus fu indicato quale possibile obiettivo delle Brigate Rosse.

 

Documenti con il suo nome ed il suo  indirizzo infatti, furono trovati nell'appartamento di due membri del gruppo, Valerio Morucci e Adriana Faranda.

 

Questo fatto portò a speculazioni sul suo possibile coinvolgimento o sulla sua posizione di rilievo nel contesto degli Anni di Piombo.

 

Obiettivo oppure amico?

Oppure ex amico diventato obiettivo?

 

Rifugiò Prospero Gallinari e Aldo Moro per paura o per dovere?

 

Sappiamo, più o meno, chi ha ammazzato la scorta dell’onorevole ma chi sparò, ovvero, chi ammazzò materialmente Aldo Moro?

 

Mario Moretti?

 

Oppure Giustino De Vuono?

 

Ma anche qui, il vuoto pneumatico.

 

Il legame tra Giustino De Vuono, noto come "il legionario" e le Brigate Rosse è stato oggetto di speculazioni ed indagini  ma, tuttavia, ancora oggi non esistono prove concrete di una connessione diretta tra lui e l'organizzazione terroristica.

 

Ma chi è Giustino De Vuono?

 

Giustino De Vuono era un calabrese originario di Scigliano, noto per il suo trascorso nella Legione Straniera Francesee per le sue abilità con le armi.

Dopo un periodo di latitanza, fu arrestato nel 1977 e successivamente evaso dal carcere di Mantova.

 

La sua figura è stata associata a vari eventi degli Anni di Piombo, tra cui il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro.

 

Arrestato nel 1977 e poi evaso.

 

Non ci sono legami ma è associato al sequestro e l'assassinio di Aldo Moro.

 

Ormai in Italia è vero tutto e tutto il contrario.

 

Così come il falso.

 

Non ci sono prove ma testimoni oculari hanno riferito a verbale di aver visto De Vuono nei pressi di Via Fani il giorno del rapimento di Aldo Moro.

 

Altri riconosco lo nella fisicità nelle immagini strazianti della strage di via Fani.

 

De Vuono era molto noto alle forze dell'ordine per i suoi legami con ambienti della criminalità organizzata e per le sue attività in contesti violenti.

Insomma, era uno “attenzionato”.

 

Infine alcuni documenti, tra cui un "Rapporto di Polizia", oggi introvabile, hanno menzionato De Vuono ponendolo in relazione diretta al caso Moro, sebbene non vi siano prove definitive del suo coinvolgimento diretto.

 

Ma ci stiamo prendendo per il culo?

 

O meglio, ci stanno prendendo per il culo?

 

Se non era un componente delle Brigate Rosse allora Giustino De Vuono grazie ai suoi trascorsi militari probabilmente era un “tecnico”, uno “specialista”per le Brigate Rosse, ovvero un killer al soldo delle Brigate Rosse.

 

Potrebbe?

 

E chi lo sa, però il "Rapporto di Polizia" che menziona Giustino De Vuono come possibile autore dell'omicidio di Aldo Moro è stato oggetto di discussione e speculazione, ma non è mai stato ufficialmente confermato o reso pubblico.

 

Secondo alcune fonti, tra cui un'inchiesta del2017, l’inchiesta dalla quale spuntano i due testimoni ospiti di Gallinari, esisterebbe un “documento riservato” trasmesso alla Procura generale tra il 10e l'11 maggio 1978, in cui De Vuono sarebbe indicato proprio come l'assassino diMoro.

 

Documento riservato della Polizia del 1978?

 

Sul caso Moro intervennero diversi organi di Polizia e Uffici Giudiziari, coordinati dalla Procura della Repubblica di Roma.

 

L’allora Ufficio Giudiziario Centrale per le indagini sul sequestro Moro (1978) il cui Procuratore capo e i sostituti procuratori coordinarono le attività investigative, interrogatori e richieste di intercettazioni.

 

E ancora l’allora DivisioneCriminalità Organizzata e Sezioni Antiterrorismo della Polizia di Stato e inoltre i Carabinieri che svolsero attività di intelligence interna, pedinamenti e monitoraggio di sospetti ce comunque collaborarono con la Polizia di Stato ovvero con la Digos (Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali).

 

Poi si dice che furono coinvolti “marginalmente” per la raccolta di informazioni strategiche e il monitoraggio dei movimenti politici e terroristici, soprattutto per eventuali collegamenti internazionali dia il SISMi che il SISDe.

 

Per dovizia di particolari, le Digos nacquero insieme all'Ucigos (oggi DCPP), con la riorganizzazione del Dipartimento centrale di Polizia proprio nel 1978, come uffici periferici presso ogni Questura (Divisioni Investigazioni Generali ed Operazioni Speciali), prendendo il posto dei vecchi "Uffici politici" dipendenti dall'Ufficio affari riservati.

 

Quindi, chi fra questi uffici firmò nel 1978 quel “rapporto” riservato suDe Vuono?

 

Per la Polizia di Stato, fu Giulio Marini, Funzionario della DIGOS di Roma, coinvolto nelle prime indagini sulla scena del rapimento in via Fani e nel monitoraggio dei movimenti delle Brigate Rosse, oppure Paolo Moro (non parente di Aldo Moro), Ufficiale della Polizia Giudiziaria incaricato di seguire intercettazioni e pedinamenti, oppure Antonio Savasta, Funzionario che coordinava alcune attività investigative e raccolta di prove sul sequestro.

 

Per i Carabinieri, invece, o fu il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa che, pur non conducendo direttamente le indagini sul campo, il suo ruolo nel coordinamento delle attività antiterrorismo e nella strategia di contrasto alle Brigate Rosse fu centrale negli anni successivi al rapimento Moro oppure il Colonnello Giuseppe Belmonte, allora Comandante di reparto impegnato in attività di intelligence interna e pedinamento dei sospetti appartenenti alle BR.

 

Però, molti altri investigatori operarono “dietro le quinte”, tra funzionari della Digos, investigatori della Criminalità Organizzata e sostituti procuratori, senza ricevere riconoscimenti pubblici.

 

Il caso Moro vide un coordinamento molto complesso tra Procura di Roma, Polizia e Carabinieri, con molti Ufficiali impegnati in attività di intercettazione, pedinamento, analisi documentale e raccolta prove fisiche.

 

Niente, non se ne esce.

 

Tuttavia …

 

Dicevamo, tuttavia per la nostra storia ci viene in aiuto un giornalista dell’epoca, uno bravo, un certo Carmine Pecorelli detto “Mino” che nel 1979, nella sua rivista chiamata OP, Osservatore Politico, in un articolo su Aldo Moro vengono nominati un “DE” …(Giustino De Vuono...) ed un tale Maurizio (nome di battaglia di Mario Moretti...) come gli autori dell'omicidio.


“Posso solo dire che il legionario si chiama De e il macellaio si chiama Maurizio...”

 

Per approfondire e circoscrivere questo argomento dovremmo consultare anche il numero dell'OP del 20 marzo 1979-Anno II nr. 11… si proprio dove Mino racconta “anche” del “depistaggio” relativo al comunicato del Lago della Duchessa, oltre al dossier: “16 marzo 1979 - 16 marzo 1979 - ALDO MORO UN ANNO DOPO”.

 

Purtroppo, la storia si ferma lì, perchè  il 20 marzo 1979, Carmine Pecorelli muore ammazzato da nessuno, proprio come Aldo Moro e tanti altri in Italia.

 

È la fine della nostra storia?

 

No. Un attimo... non è ancora arrivato il momento.

 

La domanda adesso è: “Dov’è finito Giustino De Vuono?

 

E sì, perché Giustino De Vuono, ripetiamolo, noto come "il Legionario", è una figura enigmatica anche da morto, sempre se è morto…

 

Oltre ai legami con le BR e l’associazione al caso Moro, aveva legami anche con la criminalità organizzata e la P2.

 

Si la P2, proprio come Mino, il giornalista.

 

La morte di Giustino è avvolta nel mistero, con diverse versioni e tutte, guarda caso, contrastanti.

 

Secondo alcune fonti sarebbe deceduto per cause naturali nel 1994 nel carcere di Caserta.


Ma della sua tomba, a Caserta, non c'è traccia.

 

Ma anche qui non esistono prove ufficiali che confermino questa versione.

 

Il dato curioso invece è che una tomba che porta il suo nome è stata trovata in quel dei Scigliano, il paese natale, senza che esista la documentazione relativa allo spostamento della salma.

 

Giustino De Vuono sembra svanito nel nulla.

E la storia ci insegna che quando ai tavoli da gioco ci sono i servizi ...tutto può succedere ...e "rien ne va plus"...

 

A questo punto ci chiediamo: e se  il “bravo Miliziano” indicato da Franco Freda fosse un “bravo Legionario”?

 

Altra coincidenza, Giustino De Vuono (mercenario vicino alle Brigate Rosse) e Paolo Bellini (estremista di destra) si trovavano in Paraguay e in Brasile negli stessi periodi storici.

Particolare...no?

 

E successivamente, sembra, anche in Svizzera

 

Ed ecco che il nostro cerchio sta per chiudersi.

 

Formazioni armate come le Brigate Rosse, Potere Operaio, Unità Comuniste Combattenti, collettivi, Vaticano, politica, Istituzioni pubbliche, aggiungiamo la P2, Paraguay (Gelli), SISDe, SISMi, OP, Prospero Gallinari, Giustino De Vuono, Mino Pecorelli, 1977, 1978, 20 marzo 1979…

 

Concludiamo.

 

Aldo Moro, ex Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana (fervente cattolico la cui fede influenzava profondamente il suo pensiero politico e il suo impegno sociale) il 16 marzo 1978 viene sequestrato dalle Brigate Rosse, coadiuvate da servizi deviati, esteri, tecnici, specialisti e mercenari.

 

Viene tenuto prigioniero a Roma in un quartiere di estrema destra dal brigatista Prospero Gallinari, relegato in un appartamento di proprietà dello IOR e vede sfumare il proprio riscatto poiché proprio il “Banchiere di Dio”, Monsignor Paul Casimir Marcinkus, allora Presidente dello IOR, blocca la trattativa con le Brigate Rosse.

 

Venne ucciso 55 giorni dopo, il successivo 9 maggio 1978, direttamente nel portabagagli di una Renault 4 rossa, rubata in zona Prati e poi lasciata con il corpo dell’onorevole in Via Cateani, vicino leBotteghe Oscure, sede nazionale del Partito Comunista Italiano e vicina a Piazza del Gesù, sede nazionale della Democrazia Cristiana.

 

Il numero 55, nei numeri angelici, indica un momento di grande trasformazione personale.

 

Si svolgono le indagini delle stragi italiane mentre fra il 1978e il 1979, c’è uno stallo, una fase sostanziale dell’allora Governo per l’adozione di misure straordinarie destinate al controllo dell’ordine pubblico.

 

E pensare che il bravo giornalista Mino Pecorelli in un articolo su Aldo Moro scrive che ad ammazzarlo era stato “DE” …

 

DE” … De chi?

 

Esattamente il20 marzo 1979esce ilnr. 11diOPe sempre il


20 marzo 1979 “qualcuno” ammazzaCarmine Pecorelli.

 

Molti anni dopo, siamo nel 2020, Franco Freda (soprannominato l’Editore), mezzo secolo dopo l’omicidio di Mino fa arrivare alla giornalista Raffaella Fanelli il messaggio “criptato” che ad ammazzarlo il giornalista è stato “il bravo Miliziano”.

 

Bravo miliziano oppure bravo legionario?

 

Un miliziano è colui che appartenente a un corpo armato locale o cittadino, oppure un appartenente a un reparto armato irregolare o mercenario, oppure in riferimento alla guerra civile spagnola, un combattente nelle file repubblicane.

 

A sinistra: “miliziano” richiama spesso il combattente antifascista (es. i “miliziani repubblicani” della guerra di Spagna).

 

A destra: nel linguaggio neofascista o nostalgico, “miliziano” può essere usato come sinonimo di“camerata”, evocando il milite della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN), cioè la “Milizia fascista” istituita da Mussolini.

 

Quindi non c’è un no secco, siamo al 50%!

 

Ora facciamo un po’ di fantascienza …

 

E se per caso quel “DE” imbeccato su OP da Mino Pecorelli fosse veramente Giustino De Vuono?

 

“Sippercaso...Ruggè...ho detto sippercaso...”

 

Nel gennaio1979, Giustino De Vuono si vide “sputtanare”, come avrebbe detto lui stesso, sulle pagine di OP, la rivista di Mino Pecorelli.

 

In un articolo destinato a fare rumore, Pecorelli scriveva infatti di sapere che ad uccidere Aldo Moro fosse stato un certo “DE” - magari un riferimento trasparente a De Vuono.

 

A questo punto la domanda è inevitabile: “E se l’omicidio di Mino Pecorelli fosse stato, per il “Legionario”, nient’altro che un modo per mettere a tacere il giornalista prima di scomparire definitivamente?”

 

Chi uccise Pecorelli fu un solo uomo.

 

Un tecnico, uno specialista.

 

Ce lo confermano le indagini.

 

Un’esecuzione eseguita con precisione militare: arma e munizioni di provenienza furtiva, ma riconducibili agli ambienti delle Forze dell’Ordine o militari.

 

Poi, come sempre, vennero tirati in ballo tutti - la P2, la Banda della Magliana, la criminalità organizzata.

 

Tutti indagati.

 

Tutti assolti.

 

Forse, invece, ad ammazzare Mino fu qualcuno che agì da solo, motu proprio, al di fuori di ogni schema o logica apparente.

 

Qualcuno che, eliminando Pecorelli, non fece altro che garantirsi la libertà per quel poco, o tanto, di vita che gli restava.

 

Il movente, in questo caso, appare fin troppo chiaro.

 

Giustino De Vuono era un latitante, facilmente occultabile finché il suo nome restava nell’ombra.

 

Ma se Pecorelli, nel 1979, avesse davvero deciso di scrivere nero su bianco che “DE” - cioè De Vuono - insieme a Mario Moretti - fosse l’assassino di Aldo Moro, allora nascondersi -o nasconderli - sarebbe stato impossibile.

 

Congettura particolare. Fin troppo fantasiosa. E comunque impossibile da riscontrare.

 

Sopratutto perché bisognerebbe chiedersi: ma Pecorelli come cazzo faceva a sapere tutte queste cose??


La chiudiamo qua.

 

Del resto, De Vuono è morto, io non mi sento molto bene, e Peter Pan balla sul cubo al Cocoricò...

 

Davvero pensate che siamo noi quelli che non c’hanno capito un cazzo?



a cura di Mino e Fidi@s1970


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IL MOTTO SCELTO PER OP (Mino Pecorelli)

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È una frase di C.P. Scott, direttore del Guardian per 57 anni, dal 1873 al 1930.

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