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OP Osservatorio Politico

IL BAVAGLIO DI FACEBOOK! Impedisce la libera informazione mascherando i contenuti espliciti...

  • oposservatoriopoli
  • 6 ott
  • Tempo di lettura: 6 min

Facebook si presenta come una piazza globale della comunicazione, ma dietro le sue regole di “community standard” si nasconde un sistema che spesso limita la libertà di informazione.

 

E limita è un eufemismo...

 

I contenuti vengono oscurati o resi invisibili con l’etichetta di “espliciti”, anche quando non si tratta di materiale violento o pornografico, ma di semplici denunce sociali, immagini di guerra, testimonianze scomode o documenti d’inchiesta.

 

Questo meccanismo di mascheramento non è neutrale: la piattaforma afferma di voler proteggere la sensibilità degli utenti, ma in realtà applica criteri opachi, decisi da algoritmi e revisori senza un reale diritto di appello.

 

Il risultato è un bavaglio digitale, che colpisce soprattutto giornalisti indipendenti, attivisti e chi prova a raccontare realtà che disturbano il potere politico o economico.

 

Così, dietro la formula “contenuti sensibili”, Facebook finisce per svolgere il ruolo di un censore invisibile, condizionando ciò che milioni di persone possono vedere, leggere e condividere.

 

La censura che si veste da protezione.

 

Facebook non è solo un social network: è diventato un colosso che decide cosa possiamo vedere e cosa dobbiamo ignorare.

 

Si presenta come garante della “sicurezza degli utenti”, ma in realtà impone un bavaglio digitale che limita la libera informazione, nascondendo contenuti scomodi dietro la maschera ipocrita di “contenuti espliciti” o “sensibili”.

 

Il risultato? Immagini di guerra censurate, testimonianze di soprusi oscurate, inchieste giornalistiche rese invisibili.

 

Non parliamo di pornografia o di incitamenti all’odio, ma di pura e semplice verità documentata che dà fastidio a governi, lobby e multinazionali.

 

Quello che Facebook chiama “protezione” è in realtà controllo dell’informazione.

 

Un controllo silenzioso, chirurgico, che opera attraverso algoritmi ciechi e regole opache.

 

Nessuna trasparenza, nessuna possibilità reale di appello, la piattaforma decide e l’utente subisce.

 

Così la rete, che avrebbe dovuto liberare la comunicazione, si trasforma in una gabbia dorata, dove i contenuti scomodi vengono nascosti, resi inaccessibili, confinati in un angolo.

 

Una censura mascherata da premura, un muro invisibile che impedisce a milioni di persone di confrontarsi con la realtà.

 

Dietro il paravento del “contenuto sensibile” si annida una logica pericolosa: togliere voce a chi denuncia, soffocare la critica, sterilizzare il dibattito pubblico.

 

È la trasformazione dei social in un gigantesco ministero della verità privatizzato, dove le regole non le scrivono i cittadini, ma gli algoritmi e i consigli d’amministrazione.

 

Se permettiamo che questa censura passi sotto silenzio, domani non sarà più solo una foto di guerra o un’inchiesta scomoda a sparire.

 

Saranno le nostre voci, le nostre libertà, la nostra possibilità stessa di raccontare il mondo per quello che è.

 

Mille cause intentate ma, non abbiamo mai rintracciato (con fonti certe) recenti condanne in Italia in cui Facebook sia stato obbligato a ripristinare contenuti giornalistici veri e verificabili che erano stati cancellati come “contenuti sensibili” o oscurati in maniera ingiustificata.

 

Non abbiamo mai trovato casi in cui la giustizia abbia condannato Meta per aver nascosto o ‘invisibilizzato’ una inchiesta giornalistica o un reportage senza giusta causa, con l’ordine di rendere visibili quei contenuti.

 

Pur essendo una sentenza americana, la decisione della corte del Delaware che ha ridimensionato l’immunità di Meta in alcune cause legate alla diffusione di fake news è giuridicamente importante perché cambia il quadro di responsabilità delle piattaforme e può avere effetti indiretti anche sulle strategie legali in Europa/Italia.

 

Orbene, ricordate il nostro articolo ”ANIMALISTI FARLOCCHI e dove trovarli...” (  https://www.osservatorepolitico.org/post/animalisti-farlocchi-e-dove-trovarli ) ebbene sulla nostra pagina di Facebook ...è stato CENSURATO!!!

 

Dopo una battaglia fra i fact-checking di Facebook e il nostro webmaster, Facebook dalla cesura ha poi scelto il posizionamento sfavorevole del post posizionandolo in basso, non visibile alla massa a causa dell'algoritmo che ne diminuisce la visibilità svantaggiando l'interazione degli amici.

 

Ma noi ce lo aspettavamo, ne eravamo quasi sicuri, perché l’argomento ‘conquista islamica’ scotta …

 

Comunque sia, ad OP è stato concesso il lusso di fare ricorso all’Oversight Board's.

 

È un gruppo di persone la cui missione è migliorare il modo in cui Meta tratta le persone e le comunità in tutto il mondo.

 

Applicano gli standard sui contenuti di Facebook, Instagram e Threads in modo da proteggere la libertà di espressione e altri standard globali sui diritti umani e lo fanno fornendo un controllo indipendente sulla moderazione dei contenuti di Meta, prendendo decisioni vincolanti sulle questioni più complesse relative ai contenuti.

 

A parole sono bravi, poi nei fatti, beh, lo sono molto meno.

 

Vi ricordate il periodo in cui il fascismo non si poteva neanche postare?

 

Correva il 2018 e oltre alle pagine apologetiche del fascismo storico, che sono state di gran lunga la categoria più colpita da questa ondata di oscuramenti forzati, c’è stata la chiusura arbitraria di tutte le pagine di destra compresa CasaPound che quella di Forza Nuova!

 

Perché?

 

Nel 2018, 2019 e 2020 Facebook ha avviato una campagna di rimozione nei confronti di diverse pagine e profili riconducibili a movimenti dell’estrema destra italiana, tra cui Forza Nuova e CasaPound. La decisione, accolta con polemiche e ricorsi giudiziari, ha segnato un punto di svolta nel rapporto tra i social network e le forze politiche radicali.

 

Secondo l’azienda di Menlo Park, le pagine oscurate violarono gli standard della community, che vietano contenuti di incitamento all’odio, discriminazione su base etnica, religiosa o sociale, e la glorificazione di ideologie violente. In particolare, post e materiali diffusi dai movimenti neofascisti sono stati ritenuti in contrasto con i valori democratici e i principi fondamentali della Costituzione italiana (che così non è      ).

 

Non solo. Facebook, come altre piattaforme digitali, è vincolato anche da impegni internazionali e da normative nazionali che richiedono la rimozione di contenuti riconducibili a discorsi d’odio o a propaganda discriminatoria.

 

Le organizzazioni colpite reagirono subito, parlando di censura e presentando ricorsi d’urgenza.

 

Ma la magistratura italiana, pensa un po’ te, ha dato ragione a Facebook!

 

Però poi, come sempre …

 

Il 12 dicembre 2019 il Tribunale Civile di Roma ha accolto interamente il ricorso di CasaPound, ordinando la riattivazione immediata della pagina ufficiale su Facebook e del profilo personale di Davide Di Stefano.

 

Il tribunale ha condannato Facebook al pagamento delle spese di giudizio (15.000 euro).

 

È stata stabilita una penale di 800 euro al giorno per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordine dopo che la decisione fosse legalmente conosciuta.

 

Ma chi è che compone l’Oversight Board's?

 

Afia Asantewaa Asare-Kyei - Direttore per la giustizia e la responsabilità, Open Society Foundations-Africa, Evelyn Mary Aswad è una giurista americana e titolare della cattedra Herman G. Kaiser in diritto internazionale presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università dell'Oklahoma - direttrice dell'Ufficio Legale per i Diritti Umani e i Rifugiati e membro del Senior Executive Service, Endy Bayuni è caporedattore e consulente del comitato editoriale del Jakarta Post, quotidiano mediamente centrista, con qualche inclinazione liberale, favorevole a democrazia, libertà civili, pluralismo.

 

Paolo Carozza, professore nell’Università di Notre Dame, opera in ambiti come diritti umani, comparative constitutional law, libertà di espressione, giustizia internazionale. Questi ambiti sono spesso associati a posizioni più liberali o progressiste.

 

Caterina Chen, professore, Università Nazionale Chengchi, liberale, progressista.

 

Tawakkol Karman è una giornalista, attivista per i diritti umani e Premio Nobel per la Pace. Conosciuta come la “madre della rivoluzione”, la “donna di ferro” e la “signora della Primavera araba”, Karman è emersa come figura centrale nella rivoluzione pacifica del 2011 in Yemen e nella Primavera araba.

 

Julie Owono è Direttrice Esecutiva del Content Policy & Society Lab (CPSL) e fellow del Program on Democracy and the Internet (PDI) presso la Stanford University.

 

E molti, molti altri nomi d’importanza mondiale …

 

E allora viene spontaneo chiedersi: ma davvero Facebook è libero?

 

Con un “Consiglio di Vigilanza” così prestigioso e infiocchettato di nomi altisonanti sembra esserlo, certo, ma nei fatti non lo è affatto.

 

Perché se da un lato si proclama garante della libertà di espressione, dall’altro decide chi può parlare e chi invece deve essere messo a tacere, chi va spinto in alto nei feed e chi relegato in fondo, invisibile ai più.

 

Facebook non è la piazza libera che ci raccontano: è un’arena controllata, dove l’algoritmo e le scelte di una manciata di persone stabiliscono cosa può circolare e cosa no.

 

Una libertà condizionata non è vera libertà.

 

Quindi il nostro articolo ANIMALISTI FARLOCCHI e dove trovarli…” ha toccato la sensibilità di molti “lassù”, censurato, silenziato, nascosto…

 

È questa la dimostrazione plastica che dietro i proclami di indipendenza e neutralità si nasconde una realtà ben diversa: Facebook non è libero...


a cura di Mino e Fidi@s

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È una frase di C.P. Scott, direttore del Guardian per 57 anni, dal 1873 al 1930.

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