RAUL GARDINI: l'uomo che inseguiva un sogno...
- oposservatoriopoli
- 6 minuti fa
- Tempo di lettura: 3 min
A distanza di decenni, certi nomi, fanno ancora rumore.
Non solo per nostalgia, ma anche perché in quel rumore c’era un’idea di futuro.
E che futuro.
Raul Gardini non è stato un semplice industriale.
Oggi, nel tempo dei manager a gestire aziende, Gardini manca come l'aria, perché era un costruttore di futuro.
Un uomo che cominciò il suo percorso dalla terra, letteralmente.
Sua fu la prima rivoluzione nel settore dell'agricoltura: razionalizzò la produzione e fece della Romagna uno splendido ed innovativo laboratorio di efficienza.
Successivamente, a causa della morte del suocero Serafino Ferruzzi, assunse il comando del gruppo e lo trasformò in una multinazionale agroindustriale con presenza in tutto il mondo, dall' America Latina, passando per Africa, Stati Uniti, Russia e Asia.
Ma il suo progetto più ambizioso fu la creazione del Gruppo Enimont.
Una futuristica joint venture tra pubblico e privato composta da Montedison e ENI, creata per costruire il più grande polo chimico europeo.
Era convinto che l’Italia potesse guidare la chimica verde, puntando su plastiche biodegradabili, sulle biomasse e la ricerca avanzata sui materiali.
Gardini sognava di portare il nostro Paese al centro delle sfide ambientali, industriali e scientifiche del XXI secolo.
E voleva farlo quando ancora nessuno lo aveva lontanamente immaginato.
Purtroppo, però, quel progetto spaventava molti.
Troppi.
Era troppo ambizioso, troppo indipendente.
E troppo italiano.
Ci regalò anche gioie immense.
Fu lui il mecenate che portò l’Italia come Challenger alla finale della Coppa America di Vela.
Il Moro di Venezia non era solo una meravigliosa e splendida barca: era il miglior manifesto galleggiante del talento italiano.
Design, struttura, ingegneria, artigianato, coraggio.
Un’impresa epica nella quale Gardini investì moltissimi denari.
Non per guadagnarci, ma per dignità nazionale.
Nessuno mai, fino ad oggi, è riuscito ad eguagliare l'impresa di arrivare in finale contro i giganti americani.
Era il 1992.
Anno maledetto, che verrà ricordato sopratutto per le stragi di Capaci e via D'Amelio, e per l'inizio dell'inchiesta di "Mani pulite".
Il Moro di Venezia ci fece sognare.
Tutti, indistintamente.
E dimostrò che il nostro paese, quando crede in sé stesso, può arrivare ovunque.
Gardini ci ha lasciato un eredità importante.
Ferruzzi, gruppo agroindustriale globale con base in Italia.
La visione strategica di Enimont, come polo chimico europeo integrato.
Tutti gli investimenti pionieristici nelle bioenergie, nelle plastiche ecologiche, nella chimica verde.
Un modello di capitalismo produttivo e nazionale, e non speculativo.
Una stimolazione alla ricerca e all’export come veri ed unici strumenti di sovranità economica.
L'orgoglio di essere Italiani che ci ha regalato con la sfida del Moro di Venezia.
La migliore lezione di imprenditoria, ancora oggi, attualissima: non si può fare grande un Paese senza industria e visione lungimirante.
Ci resta il rammarico ed una domanda: cosa sarebbe successo nel nostro Paese se Raul Gardini fosse stato ascoltato, invece di essere ostacolato?
Fu il primo ad aver capito che la transizione ecologica doveva essere guidata e non subita.
Che non può esistere sovranità senza un’industria strategica.
Sopratutto, che l’Italia non poteva essere solo un mercato, ma doveva essere una nazione produttiva.
Sicuramente, non era perfetto.
Ma è stato necessario.
Ed oggi più che mai, lo sarebbe ancora.
Perché, oramai, di gente con gli attributi ed il coraggio di osare, ne gira molto poca...
Sparpajateve...e levateve er cappello...
a cura di Mino






