Pentiti a retrocarica e a scoppio …ritardato!
- oposservatoriopoli
- 8 set
- Tempo di lettura: 8 min
Ve lo ricordate un certo Carmine Pecorelli detto “Mino”?
Noi si!
Valerio Fioravanti detto “Giusva”, Antonio Chichiarelli detto “Tony”, Massimo Carminati detto “Cecato”, Licio Gelli detto “Maestro Venerabile”, Federico Umberto D’Amato detto “Zafferano”, Tommaso Buscetta detto “Don Masino” (oppure il boss dei due mondi), Giulio Andreotti detto “Vecchia Volpe”, Gaetano Badalamenti detto “Zu Tano”, Fabiola Moretti detta “Lady Magliana”, Antonio Mancini, soprannominato “Accattone o zio Nino”, Giuseppe Calò, soprannominato Pippo …
Allora?
Chi uccise il più scomodo giornalista italiano?
Nessuno è stato riconosciuto autore materiale per l'omicidio di Mino Pecorelli ma il pentito Maurizio Abbatino dichiarò che fu Massimo Carminati a ucciderlo, su indicazione di Franco Giuseppucci.
Nonostante questa dichiarazione l'omicidio di Pecorelli non è mai stato completamente chiarito e nessuno è stato condannato come autore materiale del delitto!
Anche perché “il concorso va provato e interesse alla morte non basta - Cass. 45276/03, 24 novembre 2003, Cassazione penale".
Sono trascorsi più di quarant'anni dalla morte di Mino e così, random, oggi ci ricordiamo alcuni passi importanti della “monca” ricostruzione giudiziaria del caso, come ad esempio nel 1968, Federico Umberto D’Amato, poi direttore dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, che impedì la pubblicazione di un’inchiesta di Mino Pecorelli (Operazione “Pro Deo”).
Come anche l’Operazione “Manifesti Cinesi”.
Lo scandalo Lockheed.
Il caso Moro …
E il fattaccio del falsario Antonio “Tony” Chichiarelli.
E ancora l’episodio per il quale nella casa di Pecorelli, devastata dagli investigatori appena dopo l’omicidio, l’unico cassetto rimasto perfettamente in ordine ospitava il grembiule e i guanti massonici!
Un messaggio chiaro?
Le perizie rimosse e i bossoli conservati, oggetti che furono repertati e conservati, ma molte armi sospette vennero distrutte “prima” che fossero condotte perizie decisive.
Un pericolo alla verità?
La misterica cravatta “non sua” accanto alla scena del delitto.
E le ferite anomale sul corpo di Mino?
E le chiamate anonime ai magistrati romani …
E ancora i pentiti, le false piste e gli armamenti misteriosi …
Ecco, parliamo dei i pentiti vicini al caso Pecorelli, una vagonata di pentiti ad iniziare da Tommaso Buscetta e via via Gaetano Badalamenti, Fabiola Moretti, Antonio Mancini, Vittorio Carnovale, Walter Sordi e Cristiano Fioravanti, (fratello di Giusva).
Tutti i 'pentiti', pentiti delle loro azioni.
Ma, si sono pentiti davvero?
Questi “contributi” di pentiti e collaboratori hanno girato intorno a una rete fitta di collegamenti tra Cosa Nostra, la Banda della Magliana, la loggia P2, figure politiche, servizi deviati e solo Dio sa cos’altro c’era in mezzo!
Povero Mino …
Tuttavia, la credibilità di molte di queste dichiarazioni fu fortemente discussa e spesso accompagnata da ritrattazioni o mancanza di riscontri probatori oggettivi, portando infine all’assoluzione definitiva degli imputati nel 2003.
Ma, chi discusse la credibilità di queste dichiarazioni?
Perché?
Chi ritratto?
E i riscontri probatori?
Non ci sembra che per la strage di Bologna del 1980 vi sia stata questa stessa capacità di mettere in forte discussione le dichiarazioni dei pentiti (Massimo Sparti, Cristiano Fioravanti) che hanno portato alla condanna dei NAR!
O meglio, di alcuni soggetti che, mah …
Oggi a quanto pare però, ne spunta un altro!
O meglio, rispunta Angelo Izzo.
Ripercorriamo un po’ di storia …
Raffaella Fanelli, ha svolto un ruolo chiave nel riaprire il caso Pecorelli portando alla luce documenti e dichiarazioni che avevano portato a nuovi sviluppi nell'indagine.
È una giornalista d'azione, una professionista che prende parte attiva nelle notizie e non si limita a raccontarle ma entra nel cuore degli eventi.
Spesso vista come un tipo di giornalista che non teme il rischio che cerca di ottenere la notizia direttamente dalle fonti, anche se ciò implica entrare in situazioni complicate o pericolose, in particolare, Fanelli ha ritrovato due verbali che contenevano le dichiarazioni di Vincenzo Vinciguerra, un neofascista che aveva rivelato dettagli sull'arma del delitto e il possibile movente.
Come faceva a sapere questi dettagli l’estremista?
L'inchiesta di Raffaella Fanelli ha contribuito a “riaccendere” l'attenzione sul caso Pecorelli portando la magistratura a svolgere nuove indagini.
I verbali ritrovati dalla Fanelli, infatti, hanno fornito elementi utili per capire meglio la dinamica del delitto e i possibili mandanti.
Angelo Izzo, tristemente noto come uno dei protagonisti del "massacro del Circeo" del 1975, un crimine che scosse profondamente l’Italia per la sua efferatezza, in carcere cercò di proporsi come “fonte informativa” su vari delitti e stragi degli anni '70, incluse quelle di Bologna, Piazza Fontana, Piazza della Loggia e la morte di Giorgiana Masi.
Alcune sue affermazioni trovarono riscontri e altre no ma oggi ci riprova con l’omicidio Pecorelli scrivendo una lettera alla Fanelli dove quest’ultimo si dichiara custode della verità sul delitto di Mino Pecorelli, asserendo che fu ucciso da “un terrorista che faceva il sicario” (rif. Settimanale Giallo).
Tutto converte ancora, nuovamente, sull’allora prosciolto Valerio Fioravanti, indicato anche come killer in altri episodi in giro per il mondo.
Ci domandiamo, perché Izzo racconta solo oggi queste verità?
Come mai uno come lui vuole “vuotare il sacco” a distanza di oltre 40 anni dall’omicidio del giornalista?
Convenienza legale?
Spera forse in un “contratto” con lo Stato?
Oppure dietro c’è solo una spinta ideale, emotiva?
Emotiva?
Izzo?
Ossimoro!
Per quanto possiamo essere super partes, i motivi reali dei pentiti a scoppio ritardato vanno dallo sconto di pena alla protezione, fino ai soli impulsi personali oppure peggio, per vendette interiori.
Izzo, comunque, chiede un incontro in carcere alla Fanelli che, magistralmente, rigira il colloquio col pentito all’indirizzo dei magistrati che seguono il caso, tuttora aperto.
Eppure OP on line il 4 luglio u.s. (area web di libera informazione fortemente voluta dal figlio di Mino Pecorelli) l’aveva scritto del “buon miliziano”, aveva indicato la retta via investigativa con l’immagine dell’articolo (che oggi riproponiamo con una migliore prospettiva) però, come al solito, qualcuno l’ha preso più come un fotogramma da sitcom investigativa che una bussola vera e propria.
Ma, cosa si potrebbe fare oggi a livello investigativo a distanza di tutti questi anni?
Beh, se c’è la volontà c’è tutto il resto.
Prima di tutto l’analisi della scena del crimine con nuove tecniche di balistica.
La balistica è fondamentale in un caso come quello di Pecorelli, dove si conoscono gli aspetti relativi ai colpi sparati, ma si potrebbero usare tecniche più avanzate come ad esempio l’analisi balistica tridimensionale.
Oggi, le tecnologie come la balistica forense 3D possono ricostruire la traiettoria dei proiettili e determinare con maggiore precisione la posizione dell'assassino e la sua perfetta corporatura, angolo di tiro, posizione dele braccia e delle gambe ...
Usando scanner laser e software di ricostruzione tridimensionale, si può ricostruire la scena del crimine, determinare la distanza tra il colpevole e la vittima e identificare la posizione precisa.
Rivisitare i proiettili e i bossoli ritrovati sul luogo del crimine con tecnologie di balistica più moderne, come la ‘spettrometria di massa’, che può rivelare dettagli sulla composizione dei proiettili che potrebbero non essere emersi in precedenza.
E non in ultimo, il microscopio elettronico a scansione (SEM) per analizzare le tracce lasciate dai proiettili e dalle armi, come i residui di polvere da sparo o il comportamento del metallo sui reperti dell’epoca.
Ma non ci sono più i reperti dell’epoca.
Ok, allora passiamo all’identikit dell'assassino e nuove tecniche di analisi comportamentale.
L'identikit dell'assassino potrebbe essere stato basato su testimonianze imprecise o su informazioni incomplete.
Le moderne ‘tecniche di profilazione comportamentale’ potrebbero ora essere usate per ricostruire meglio l'identità dell'assassino.
Ad esempio la “Profilazione comportamentale avanzata”, moderna tecnica di analisi del comportamento che si basa su modelli psicologici più sofisticati.
Le analisi delle dinamiche del crimine (ad esempio, il comportamento dell'assassino, l'interazione con la vittima, la modalità di esecuzione) potrebbero portare a ipotesi nuove su chi fosse l'autore.
In più, le “Tecnologie di riconoscimento facciale”, se ci sono foto o video in possesso delle forze dell'ordine che possono essere esaminati, oggi è possibile usare software avanzati di riconoscimento facciale per identificare potenziali sospetti.
Quando si naviga a vista nelle indagini, ogni singolo tassello è fondamentale.
Quindi, rivedere le testimonianze e confrontarle con gli strumenti moderni di analisi psicologica del comportamento criminale, per identificare i tratti distintivi del colpevole potrebbe essere interessante e in particolare, il profilo potrebbe suggerire collegamenti con gruppi o individui che avevano accesso o interesse nel silenziare Pecorelli.
A proposito dei reperti dell’epoca …
Una cravatta trovata sulla scena del crimine potrebbe essere un elemento cruciale.
Se non è stata esaminata adeguatamente, potrebbe contenere residui biologici, fibre, o tracce di DNA.
Siamo all’8 settembre del 2025 non al 20 marzo del 1979…
L’analisi del DNA è possibile, se la cravatta è stata trovata sul luogo del crimine, può contenere tracce di DNA, che potrebbero appartenere all'assassino o a un complice.
Oggi la tecnologia del DNA forense è molto più avanzata rispetto agli anni '70.
Tracce anche minime (come cellule epiteliali o capelli) possono fornire informazioni fondamentali.
Poi l’esame delle fibre, la cravatta potrebbe essere stata portata da qualcuno di vicino alla vittima o dal colpevole stesso.
Analizzare le fibre può rivelare informazioni su abbigliamento, luogo di provenienza, o addirittura contatti diretti con la vittima.
Speriamo che non sparica anche quella ... sai com'è!
La perizia medico-legale originale potrebbe non aver preso in considerazione nuovi metodi di analisi post-mortem, come l'analisi dei residui di polvere da sparo sulla vittima o l'analisi tossicologica completa.
Insomma, riordinare tutti i dati autoptici originali e sottoporli a una nuova analisi medico-legale forense con il supporto dell’informatica avanzata, soprattutto per esaminare la modalità di esecuzione del delitto e ogni possibile connessione con interessi politici o criminali potrebbe aprire nuove piste utili.
Pecorelli era un giornalista che si occupava di scandali politici, e il suo omicidio potrebbe essere legato a questioni politiche o legami con i servizi segreti.
Utilizzare moderne tecniche di analisi delle informazioni e dei dati per esplorare i suoi legami, la sua rete di fonti e i suoi articoli potrebbe fornire nuovi indizi.
Per arrivare in fondo al caso di Mino Pecorelli, le nuove tecniche investigative in ambito balistico, forense e analisi comportamentale potrebbero rivelare dettagli cruciali che in passato sono stati trascurati.
La combinazione di approcci tecnologici avanzati e un'analisi multidisciplinare potrebbe portare a nuove piste da seguire.
Oppure, senza voler mettere in campo quest’armata di specialisti, potrebbe essere più semplice interrogare formalmente Izzo.
Dall’esame del testimone ad una perizia biometrica con le foto dei sospettati e gli identikit dell’epoca il passo sarebbe breve, un disegno, realizzato a mano libera o con l’ausilio di tavole prestampate (occhi, nasi, bocche ecc.), sulla base delle descrizioni di un testimone è fortemente soggettivo, dipende dalla memoria del testimone e dall’abilità dell’operatore.
La somiglianza è spesso vaga, più utile a indirizzare le indagini che a identificare senza dubbio, metodo ancora utilizzato in casi specifici, soprattutto quando non ci sono foto o video disponibili.
Però, c’è sempre un però … oggi si usano algoritmi che confrontano i tratti del volto con milioni di immagini in database.
Può dare probabilità di corrispondenza molto elevate, anche se non è sempre infallibile ma la percentuale utile è del 90%.
La biometria 3D utilizza sensori, scanner o fotocamere speciali per catturare dati tridimensionali di caratteristiche uniche del corpo umano, come il volto, l’iride o perfino la forma del cranio.
A differenza della biometria 2D (foto, impronte digitali scannerizzate), analizza profondità, volumi e proporzioni, rendendo molto più difficile la falsificazione o l’inganno.
Nel maledetto caso Pecorelli il mare resta sempre in burrasca.
Se davvero la rotta è stata tracciata di nuovo, allora servono capitani all’altezza per governare con questo mare agitato.
Perché col mare calmo, si sa, sono tutti marinai.
Eppure i quarant’anni di navigazione alle nostre spalle ci raccontano che …
L'identikit agli atti ... ma, chi sarà?










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