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OP Osservatorio Politico

La Corte dei Conti si intromette oltre il suo ruolo: freno ingiustificato al Ponte sullo Stretto.

  • oposservatoriopoli
  • 30 ott
  • Tempo di lettura: 8 min

(Giudici dei conti, ma non dei fatti...)


Il 29 ottobre 2025 la Corte dei Conti ha deciso di non dare il visto di legittimità alla delibera del Cipess (n. 41/2025) che autorizzava l’avvio dei lavori per il  Ponte sullo Stretto di Messina.


In pratica, l’iter dell’opera viene bloccato non per una motivata bocciatura del progetto, bensì perché la Corte contabile decide di sollevare dubbi procedurali e richiedere chiarimenti che già erano coperti o che dovrebbero spettare ad altre sedi.

 

Ecco perchè questo intervento appare non solo inopportuno, ma fuori dal suo mandato.


La Corte dei Conti ha il compito di controllo dei conti pubblici, della regolarità e della legittimità contabile.

Non è un organo politico, né ha competenza nel decidere in merito agli investimenti infrastrutturali.

 

Qui, invece, nel caso specifico, essa decide di sospendere un’opera strategica nazionale sollevando rilievi che attengono alla valutazione politica, strategica e tecnica del progetto - cioè tutti ambiti che spettano al Governo, al Parlamento, ai ministeri competenti.


Quando la premier Giorgia Meloni dichiara che “è l’ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento”, probabilmente non sbaglia...

 

Ma crediamo di conoscerne il motivo...

 

Ed è una cosa grave.

 

Strategia nazionale ed urgenza infrastrutturale ignorata.

 

Il Ponte sullo Stretto è un’opera che da anni viene annunciata come fondamentale per collegare la Sicilia alla Calabria, ridurre il divario infrastrutturale del Sud, generare occupazione e sviluppo.

 

Bloccarla in fase avanzata vuol dire perdere anni preziosi, mandare segnali negativi al sistema-Paese e creare sfiducia negli investitori.


Se la Corte punta il dito su "errori procedurali" che potevano essere sanati in corso d’opera, allora il governo è costretto a perdere tempo mentre il Paese attende.

 

Le critiche?

Forse valide, ma fuori scala.

 

Sì, è vero: ci sono dubbi su costi, ambiente, affidamento gare.

 

Ma l’azione della Corte appare sproporzionata: non limita soltanto un atto tecnico da correggere, blocca un intero progetto.


Se l’organo di controllo intervenisse solo quando vi fosse un evidente spreco o frode, sarebbe coerente.


Qui, invece, sembra che voglia fermare l'opera prima ancora che inizi, sulla base di riserve che non spettano a questa Corte come potere decisionale finale.

 

Quali sono le conseguenze pratiche?

 

 

Si allunga l’iter, si incrementano i costi attesi (inflazione, ritardi) e si riduce la credibilità delle istituzioni.

 

Ed è questo, probabilmente, l'intento...

 

Si invia un messaggio devastante: anche quando un Governo decide politicamente, una corte stringente può fermare tutto.

 

I cittadini e le imprese rischiano di non vedere mai l’opera, pur essendo stata annunciata da decenni.

 

La Corte dei Conti ha un ruolo importante nel sistema della nostra democrazia, ma non può trasformarsi in un veto politico mascherato da controllo contabile.


Se il progetto del Ponte sullo Stretto ha bisogno di correzioni, che il Governo le attui: ma fermare tutto in nome di dubbi procedurali è un errore - un freno ideologico mascherato da buon governo.


Se l’Italia vuole davvero crescita, coesione territoriale e infrastrutture moderne, serve che chi decide - eletto dal popolo - porti avanti le scelte con responsabilità, e che chi controlla rispetti i propri limiti.

 

Ecco una lista puntuale dei motivi per cui la Corte dei Conti ha deciso di bloccare il visto di legittimità per la delibera relativa al Ponte sullo Stretto di Messina.


Non li giustifichiamo, li esponiamo così come riportati.

 

1) Mancanza di una motivazione adeguata nella delibera del CIPESS: la Corte ha rilevato che «risulterebbe non compiutamente assolto l’onere di motivazione» rispetto alle attività istruttorie svolte e alle determinazioni assunte.

 

Analisi di OP al punto - Questa è una formula generica che può valere per qualsiasi atto complesso.

 La delibera CIPESS aveva già alle spalle anni di istruttorie tecniche, verifiche ministeriali, approvazioni parlamentari e studi ambientali.

Dire che “non è sufficientemente motivata” è come bocciare una tesi perché “non spiega abbastanza” dopo aver approvato il piano di studi.

È un modo per rinviare, non per migliorare.

 

2) Carenze procedurali nella trasmissione degli atti: ad esempio, alcuni documenti erano stati trasmessi “condivisione di link” a risorse online, suscitando dubbi sulla formale acquisizione degli atti da parte del ministero competente.


Analisi di OP al punto - Nel 2025, bloccare un progetto da 10 miliardi perché i file sono stati inviati tramite link digitali è semplicemente ridicolo.

 La PA ormai opera quasi solo in cloud e in condivisione sicura.

Se la Corte non è pronta a gestire un procedimento digitale, il problema è della Corte, non del Ministero.

 

3) Tempistiche e trasparenza dell’iter: la Corte ha chiesto chiarimenti sulla tempistica del provvedimento MIT-MEF relativo al terzo atto aggiuntivo della convenzione, e in generale sul rispetto dell’iter procedurale.

 

Analisi di OP al punto - Il Ponte è un’opera strategica prevista da decenni, con delibere e decreti già pubblicati in Gazzetta Ufficiale.

 La tempistica è già pubblica e calendarizzata nei piani infrastrutturali nazionali.

Parlare di “tempistiche da chiarire” serve solo a creare margini di manovra per un rinvio politico.

 

4) Sussistenza di “motivi imperativi di interesse pubblico” (IROPI): dubbi sul fatto che fossero adeguatamente motivate, e sulla mancanza di alternative progettuali idonee all’opera.


Analisi di OP al punto - L’interesse pubblico è evidente: collegare la Sicilia al continente, ridurre il divario logistico e favorire lo sviluppo economico del Sud. Non serve un’altra opera alternativa: non esiste un altro modo di attraversare stabilmente lo Stretto.

 

La Corte non è chiamata a valutare se l’opera serva, ma a verificare se i conti tornano.

Il resto è solo politica.

 

5) Incoerenze e disallineamenti nei costi: ad esempio, differenze tra l’importo asseverato dalla società revisione (circa 10,481 miliardi €) e quello indicato nel quadro economico ufficiale (circa 10,508 miliardi €).


Analisi di OP al punto - Stiamo parlando di uno scarto di 27 milioni su oltre 10 miliardi: lo 0,25%.

Un errore di arrotondamento, non un’irregolarità contabile. Qualunque grande opera (da Tav a Mose) ha margini di oscillazione economica molto maggiori.

Fermare tutto per questo è amministrativamente grottesco.

 

6) Dubbi sull’applicazione della normativa europea: in particolare riguardo alla direttiva sugli appalti e al fatto che un aumento dei costi rispetto al primo appalto avrebbe potuto richiedere una nuova gara.


Analisi di OP al punto - La normativa europea consente esplicitamente l’aggiornamento economico di appalti complessi quando intervengono inflazione, revisione progettuale o nuove prescrizioni ambientali.

Non si tratta di una nuova gara, ma di un adeguamento - previsto dalla legge e già avallato in casi simili (es. opere PNRR).

Sostenere il contrario significa ignorare il diritto europeo contemporaneo o, peggio, strumentalizzarlo per fermare il progetto.

 

7) Osservazioni sull’iter ambientale e sulla tutela: la Corte ha richiesto aggiornamenti sull’interlocuzione con la Commissione Europea relativamente alla procedura ambientale e alla dichiarazione di interesse pubblico strategico.

 

Analisi di OP al punto - Il percorso ambientale è già stato integrato con le richieste comunitarie e sottoposto al parere del Ministero dell’Ambiente.

La Corte dei Conti non è un’autorità ambientale.


Se Bruxelles avesse rilievi, li comunicherebbe direttamente al Governo italiano.

 Il fatto che la Corte sollevi un tema ambientale significa solo che si è spinta “ben oltre” le sue competenze contabili.

 

E bisognerebbe chiedersi il perché...

 

La Corte dei Conti non ha trovato un singolo vizio di legittimità sostanziale.

 

Ha semplicemente usato cavilli burocratici per bloccare un’opera decisa dal Governo e già finanziata.

 

Questa non è vigilanza, è invasione di campo: un organo di controllo che tenta di condizionare la politica infrastrutturale nazionale.

 

Se lo Stato accetta questo precedente, domani ogni grande progetto potrà essere paralizzato da una “richiesta di chiarimenti” infinita.


Risultato?

 

Un Paese fermo, una Sicilia sempre più isolata, e un’idea di sviluppo ostaggio dei formalismi.

 

Però, però …noi saremo pure un pò stronzi...

 

Però non ci risulta che la Corte dei Conti, ad esempio, abbia bocciato complessivamente la spesa per i “banchi a rotelle”.


 Ve li ricordate?


Ma si, i 2,4 milioni di banchi fra i quali una buona commissione di quelli a rotelle della ministra a 5 stelle Lucia Azzolina.

 

Ma si, esattamente quei banchi che il Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e il contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 Domenico Arcuri aveva incluso nel maxi acquisto nel 2021 e che ci sono costati 119 milioni di euro.

 

119 milioni di euro...

 

"Che er Signore ve furmini...", direbbe Chicco....

 

Proprio quei banchi da  274 euro l’uno poi svenduti a 1 euro cadauno, oppure buttati al macero dalla scuola "Tino Buazzelli" di Frascati, o finiti sulle bettoline a Venezia...e ancora...ancora...


E, all'epoca, la Corte dei Conti?


Dov’era la diligente e irreprensibile Corte di Conti?


Ah sì, adesso ricordiamo...

Al tempo, la Corte dei Conti  ha poi condannato la Preside della scuola che li rottamò (a causa di inadeguatezza e problemi di sicurezza) a pagare 38.000 € allo Stato quale risarcimento per il danno erariale cagionato.


Dov'era la Corte dei Conti, nei 15 anni di abbandono della Vela di Calatrava, l'ex Città dello Sport di Tor Vergata?


Dov’era la Corte dei Conti durante la progettazione, la realizzazione e l’abbandono di tutte quelle “cattedrali del deserto” che ancora oggi insistono sul territorio nazionale?

 

Solo nel 2019, circa 500 di queste "cattedrali" - ma non si tratta di cattedrali nel senso ecclesiastico del termine - sono state abbandonate.

Costate miliardi di euro e poi abbandonate.

 

Dov’era la Corte dei Conti?

 

Nel quinquennio 2017-2021,  la Guardia di Finanza ha accertato illeciti contro la spesa pubblica per circa 34 miliardi di euro, per una media di circa 7 miliardi all’anno.

 

Dov’era la Corte dei Conti?


Le nostre considerazioni rendono evidente il contesto.

Non è un caso isolato, ma un fenomeno strutturale che coinvolge più livelli (regionale, locale, nazionale).

Però qualcuno si è accanito sul progetto del noto ponte sullo stretto.

Come mai?

 

Negli ultimi anni le regole su grandi opere, appalti europei, temi ambientali, IROPI (interesse pubblico imperativo) e contabilità pubblica sono diventate più rigide.

 

La Corte può essere semplicemente “in ritardo” rispetto agli standard attuali - ma ora le condizioni la costringono a intervenire più fortemente.

 

La Corte però, non si è accanita subito su tutti gli sprechi pubblici: molti casi minori sono rimasti sotto soglia, segnalati solo a posteriori.


Il fatto che ora agisca non significa che in passato non ci fossero "falle" uguali o peggiori.

Ma la scelta del soggetto (“grande opera”) e del momento politico, in questo frangente contano...

E come se contano …

 

Il controllo preventivo rischia di ritardare l’opera senza che ciò sia davvero efficace a migliorare l’iter.

Se il problema è sistemico, non basta un’azione sporadica.

 

Insomma, famola breve, la Corte dei Conti si vanta di essere il garante della trasparenza e della correttezza nell’uso del denaro pubblico, ma sul campo appare come un organo troppo spesso in ritardo, selettivo e incline a bloccare “solo quando conviene” piuttosto che a intervenire sistematicamente.

 

Nel caso del Ponte sullo Stretto di Messina, interviene con forza, mentre per tanti altri casi (locali, meno visibili) è rimasta all’ombra o ha svolto soltanto verifiche postume.

 

Così facendo trasmette due messaggi inquietanti: il primo, che “non importa quanta spesa vada alla merda, finché non attira l’attenzione tutto bene”.

Il secondo, che il criterio non è “sicurezza della spesa pubblica” ma “visibilità del controllo”.

 

E quindi, la Corte va contestata - non perché svolga un ruolo inutile - ma perché lo svolge in modo incoerente e opportunistico, tradendo il suo mandato costitutivo di custode del buon andamento della pubblica amministrazione.

 

In sintesi, la Corte dei Conti non è un arbitro imparziale che interviene sempre a difesa delle casse pubbliche.

 

La Corte dei Conti sembra invece  un arbitro che sceglie quando leggere il tabellone.


E in questo gioco il conto lo paga sempre il contribuente.


Come al solito, in Italia, paga sempre “Pantalone”...



a cura di Mino e Fidi@s


(image mix dal web)

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È una frase di C.P. Scott, direttore del Guardian per 57 anni, dal 1873 al 1930.

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