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L'IMMARCESCIBILE MAURIZIO LANDINI CI RIPROVA…

  • oposservatoriopoli
  • 6 minuti fa
  • Tempo di lettura: 4 min

Dopo le prove incolori sul fronte sindacale e il naufragio della “flottiglia” unitaria dei lavoratori, il segretario della CGIL tenta di nuovo la carta della piazza.

 

Non per l'Ilva.

Non per Stellantis.

Non per Iveco.

E nemmeno per Yemen, Mali, Burkina Faso, Niger, Etiopia, Nigeria o Sudan.

 

Non più per la Palestina.

 

Questa volta, però, più che un moto di popolo, sembra un richiamo nel vuoto.


La sua voce, un tempo simbolo di lotta e identità, oggi rimbalza tra bandiere rosse stanche e slogan che non accendono più nessuno.

 

Landini aveva promesso un sindacato forte, coeso, capace di incidere sul reale.

Ha finito per guidare un apparato diviso, che parla più di sé stesso che del Paese.

 

Ora evoca “la piazza dei lavoratori”.


Ma i lavoratori non ci credono più. Perché la rabbia sociale non cerca più rappresentanza, ma vuole risposte.

 

E Landini, purtroppo, non ne ha trovate né per la fabbrica, né per i salari, né per il futuro.

 

Perché il problema non è solo la stanchezza della piazza, ma la stanchezza di chi la guida.

 

Landini ha perso il contatto con la realtà del lavoro, parla come se fossimo ancora negli anni ’70, ma i contratti precari, gli algoritmi e le piattaforme digitali non si affrontano con i comizi.

A meno che non si abbiano altre mire.


Ha trasformato la CGIL in un’arca di nostalgie, dove si naviga a vista, tra proclami ideologici e compromessi burocratici.

 

La sua idea di rappresentanza è rimasta inchiodata alla retorica del “noi contro loro”, ma intanto i lavoratori - quelli veri - sono altrove: nei magazzini della logistica, nei call center, tra le partite IVA che non arrivano a fine mese.


Landini ha fallito nel rinnovare il linguaggio del sindacato, nel capire che il mondo del lavoro è cambiato più negli ultimi dieci anni che nei cinquanta precedenti.

 

Si è aggrappato alla scena mediatica, perdendo di vista la sostanza.


Oggi pretende di parlare a nome dei lavoratori, ma non li ascolta più.

 

E quando un sindacalista smette di ascoltare, smette anche di rappresentare.


La verità è che la sua bandiera rossa sventola ancora, ma non guida più nessuno: una voce che grida nella piazza, ma che non arriva più alle fabbriche!!!

 

Ma quale sindacato, ma quale piazza, ma quale lotta per i lavoratori!!

Ma per carità...

La lotta di Landini è per la poltrona: la sua!!!

 

Maurizio Landini non è più il leader.


E' il simulacro di un sindacato che si aggrappa agli effetti speciali della piazza mentre la vita reale scivola via.


L’ultima sceneggiata della “piazza dei lavoratori” puzza di déjà-vu, la stessa strategia urlata, gli stessi proclami rimpaginati, la stessa assenza di progetto che i lavoratori hanno imparato a riconoscere.

 

Quando chi guida invoca lo sciopero generale e la flottiglia come panacea, sembra più uno showman in cerca di applausi che un sindacalista con un piano credibile.

 

Ha sbagliato i tempi, i toni e i contenuti, confonde la testimonianza pubblica con la rappresentanza reale.

 

I lavoratori non gli chiedono bandiere scenografiche, chiedono contratti migliori, tutele concrete, percorsi di formazione e risposte ai nuovi sfruttamenti digitali - roba che non si risolve con discorsi retorici né con flash-mob coordinati.

 

Così la CGIL sotto la sua guida è diventata una macchina di comunicazione autoreferenziale.

Più preoccupata di aumentare l’immagine che di risolvere i problemi.

 

E poi c’è la distanza...


Landini parla molto, decide poco, ascolta zero.

 

È diventato un leader del microfono, non delle fabbriche; un capo della manifestazione, non della negoziazione.

 

Quando la leadership si fossilizza sul palco e perde il contatto con chi lavora, il risultato è prevedibile: piazze piene di slogan e vuote di fiducia.

 

Chi gli resta accanto lo fa per abitudine, non per convinzione.

 

Finchè c’è Landini, finchè rimarrà a capo dei cortei, quella bandiera rossa che sventola sarà solo un vessillo di plastica in mezzo al vento.

Un vento che anche grazie a lui, che non fischia più…

 

Landini è un bluff vivente, un sindacalista che ha sostituito il lavoro concreto con la passerella mediatica e gli show di piazza.


Un capo che ha visto sfilare iscritti e consenso mentre moltiplicava proclami e iniziative spettacolari come la flottiglia e minacce di sciopero senza un piano credibile.


Ha trasformato la CGIL in una macchina autoreferenziale incapace di rinnovare linguaggio e pratiche.

Chi lo segue, lo ripetiamo, lo fa per abitudine non per convinzione.

E chi cerca risposte concrete trova solo retorica e pose.

 

E occhio, cara Elly, perché Landini è in agguato.


C’è ancora chi lo segue non perchè sia incantato da lui, ma perché chi lo segue è talmente accecato contro il fascismo e il Governo Meloni che sarebbe disposto a tutto pur di veder sventolare, ancora una volta, la bandiera rossa!

 

Ma non sarà così.

Purtroppo...

 

Non sventola più in Cina …

 

Non sventola più in Russia…

 

Non sventola più neanche a Forte dei Marmi, nello stabilimento Marechiaro

 

L’unico Landini che ha veramente lavorato in Italia, l’unico ed il solo Landini che negli ultimi trent’anni ha veramente aiutato i lavoratori è stato il glorioso e storico “Landini Trattori”, marchio italiano che progetta e costruisce un'articolata gamma di trattori efficienti e performanti.


Di sicuro, più efficienti e utili di un sindacalista che, a quanto pare (non lo diciamo noi ma il popolo...), sebbene "acciuffi" 7.616,66 euro al mese, è stato l’artefice di una fuga sindacale di 45.000 tessere / iscritti nel corso di soli 10 mesi.


Esattamente, da metà ottobre 2024 all’agosto 2025, con una media di circa 5.000 disdette al mese.

 

Porca Troia...direbbe il mio amico Chicco...

 

Ma non sembra finire qui.

Si vocifera in giro (e si legge...) che dal 2019 (anno in cui Landini è diventato segretario generale) al 2023, la CGIL avrebbe perso 177.000 iscritti nel complesso.

 

Beh, non male, non male …

E porca troia di nuovo...direbbe Chicco...

 

Ora  va all’attacco di una poltrona nel partito democratico.

 

Per chi di dovere...suggeriamo una smisurata secchiata di gesti apotropaici a gogò...


a cura di Mino, Fidi@s e i lavoratori ...


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È una frase di C.P. Scott, direttore del Guardian per 57 anni, dal 1873 al 1930.

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