(IN)GIUSTIZIA: ALLA GOGNA PUBBLICA NESSUNO OPPURE PROPRIO TUTTI! IL DIRITTO DELLA CRONACA GIUDIZIARIA …
- oposservatoriopoli
- 4 set
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COSA VALGONO I DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UOMO SE SI ADOTTANO SEMPRE DUE PESI E TRE MISURE?
Il diritto di cronaca giudiziaria consiste nel “diritto” di raccontare accadimenti reali, aventi ad oggetto fatti giuridicamente importanti, per mezzo della stampa.
Tutto questo, in attenta valutazione del loro interesse per la generalità del popolo.
Nell’ambito di tale modalità espressiva rivolta al pubblico, devono sussistere precisi canoni di pertinenza, ovvero, la fattiva rilevanza sociale dell’argomento e, soprattutto, della verità dei fatti.
Ebbene, la verità dei fatti mai è stata scritta nell’epoca moderna.
Cos’è la verità?
La verità è ciò che è vero, ciò che è conforme, ciò che è coerente ai principi della fedeltà, la verità è una realtà obiettiva che oggi viene dolosamente distorta e falsata per incassare, per vendere, per acquisire potere, per confondere, per politica o per sbarazzarsi della concorrenza.
La verità, la mia verità, la tua verità, la loro verità e la verità vera!
Troppe versioni, tutte vere, da raccontare!
“La vita, la libertà e la proprietà”, così risponde John Locke (filosofo, pedagogista e medico inglese, considerato il padre del liberalismo) nel passo sopra richiamato a domanda; la libertà, la proprietà e la resistenza all'oppressione, afferma l'articolo 2 della Dichiarazione del 1789 che, nell'articolo 17 ribadisce il carattere di: “diritto sacro e inviolabile” della proprietà!
Ma oltre la proprietà, esistono moli altri diritti inviolabili come la salute, il lavoro, la dignità, la libertà e, soprattutto, la giustizia giusta.
Rinforziamo quindi il principio del Dispositivo dell'art. 114 Codice di procedura penale che al comma 2 recita: “È vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero, fino al termine dell'udienza preliminare, fatta eccezione per l’ordinanza indicata dall’articolo 292” vale a dire, l’ordinanza del giudice.
Però, anche un atto “non più coperto dal segreto non può essere pubblicato fino alle scadenze imposte dalla legge”: va fatta, invero, una distinzione tra “atti coperti da segreto” e “atti non pubblicabili” perché mentre il segreto opera all’interno del procedimento, il divieto di pubblicazione riguarda la divulgazione tramite la stampa ed altri mezzi di comunicazione sociale.
Quindi è vero ma non è vero.
Di conseguenza, se è vero che gli atti inseriti nel fascicolo per il dibattimento sono pubblicabili sin dal momento in cui vengono formati, allora dobbiamo "stringere" la cinghia del diritto di cronaca nella fase delle indagini per una questione di giusto processo, indagini da non contaminare con l’opinione pubblica né con le sentenze emesse dai quotidiani o dai programmi TV specialmente per non opprimere l’ufficio del GIP che, ultimamente, appare molto sensibile alle compressioni mediatiche.
Questo perché certe professioni non vogliono polveroni però li sollevano.
Fermo restando che a mio umile e modesto avviso dovrebbe essere rispettato l’iter dell’atto riservato fino all’inizio del dibattimento, oggi ci insegnano dall’alto che è il caso di rilanciare, infatti, forse non dobbiamo solo allentarla un po’ ma toglierla la cinta convenzionale del diritto di cronaca.
Che tutti gli attori del giudizio, ma proprio tutti d'ogni ruolo, grado e competenza, si diano in pasto al popolo perché se non sbaglio, poi qualcuno commina sentenze proprio in nome del popolo stesso (in questo caso quello italiano) che, purtroppo, le cose le sa' solo per metà, o forse, neanche per metà, però si fida!
Forse!
È giusto sputtanare la vita di coppia e privata, il passato familiare, eventuali situazioni pregresse individuali, magari riesumare vecchi procedimenti, lavare in piazza vecchie storie, passare al setaccio ogni azione passata e presente di un indagato, di un illustre sconosciuto o anche eccellente che sia?
Lo ritenete giusto?
È giusto ammazzare le persone a mezzo stampa?
È giusto mettere alla gogna mediatica, alla berlina, alle derisioni e anche esporlo al pericolo (spesso grave) un indagato -più o meno famoso-, solo perché c’è in piedi una ipotesi della commissione del reato per cui si procede contro di lui?
Eh sì, perché quando nella vita di qualcuno subentra la fase delle indagini, financo la custodia cautelare in carcere, che si sappia in giro, ricordiamocelo bene tutti, quell’uomo cattivo finalmente “rinchiuso” in prigione o ai domiciliari è destinatario solo “della ipotesi della commissione del reato per cui stanno procedendo nei suoi confronti” e non perché lo abbia commesso realmente il reato, e queste due condizioni, sono circostanze molto diverse tra loro che solo ipoteticamente convergono nella medesima inchiesta.
Pensate, questa fase del dubbio vale anche per il “reo confesso” perché non è detto che l’indagato abbia confessato la verità, magari stà coprendo qualcuno a cui vuole bene oppure si accusa di un reato per non toccare qualcuno che lo spaventa o che lo ucciderebbe.
Quindi c’è poco da gioire quando qualcuno è alla gogna come Rugantino perché, magari, e ce lo dicono le statistiche ufficiali, poi sposso si rivela essere innocente o peggio “estraneo ai fatti-reato” che gli venivano contestati, e poi?
E poi che si fa?
E ora che si fa?
Chi fra voi, mi chiedo, dopo aver sputtanato un indagato magari sui social, poi domanderà scusa pubblicamente a quest’ultimo se le accuse si rivelassero infondate?
No, nessuno, ve lo anticipo io senza timore di smentita.
Perché chiedere scusa non è nel DNA dell’essere umano, incivile, selvaggio, arretrato, vile, calcolatore e opportunista.
Sempre sulle ali dell’entusiasmo giudiziario chi, pubblicamente, ha mai chiesto scusa a Enzo Tortora, ad esempio?
Nessuno.
Non mi sembra di aver letto le scuse di alcuno nei confronti di Silvio Scaglia, Giuseppe Gulotta, Pietro D’Amico, Lorenzo e Antonio Maiolica, Antonio Lattanzi, Giovanni De Luise, Fabrizio Reali Roscini (deceduto), Vittorio Luigi Colitti, Ottavio Stefanini, Vittorio Raffaele Gallo e tanti altri…
Così come non mi sembra di aver letto o ascoltato nulla in merito alle scuse fatte alle migliaia di indagati, imputati e detenuti poi assolti.
Mi domando, chi ha chiesto scusa a Beniamino Zuncheddu, ritenuto innocente, assolto dopo 33 anni di carcere?
Mi rispondo da solo rispondendovi: nessuno!
Nella revisione del suo processo si è dimostrato che all’epoca dei fatti risalenti al 1991, si legge ovunque, le indagini erano state “influenzate in modo irregolare” da un poliziotto.
“Influenzate” in modo irregolare?
È davvero una bella frase per descrivere un reato, poi influenzate è spettacolare, proprio perché la parola influenzate difende la parola “condizionate” che a sua volta significa “controllate”, e da “controllate” a “dirette” il passo è breve, giusto il tempo della firma sul verbale …
Sfogliando il libro mastro della giustizia ricordo a me stesso che esiste il delitto di frode processuale (art. 374 c.p.), un articolo che tutela la genuinità delle fonti di convincimento del giudice.
Al cospetto della frode processuale ci troviamo dinanzi un reato di pericolo, si tratta di un reato comune e può, quindi, essere commesso da chiunque!
Ma se lo compie un inquirente?
È comunque un reato comune?
La gente va in galera davvero, però, si parla sempre di reati in astratto.
E la condotta di chi cerca di indurre un soggetto a rendere la falsa dichiarazione com’è qualificabile se alla fine della fiera, qualcuno va in galera anche se innocente?
Il male è che questo reato, eventualmente, si commette in fase dibattimentale, quando tutte le uova sono già rotte …
Mi chiedo, che fine ha fatto il poliziotto che “influenzato in modo irregolare” le indagini su Beniamino Zuncheddu?
Sembra che quell’Ispettore di Polizia di Stato sia andato in quiescenza nell’ottobre del 1998, sempre lo stesso per 25 anni ha svolto attività investigativa presso la squadra mobile di Nuoro e anche alla Criminalpol, ha seguito personalmente i casi di criminalità più clamorosi verificatisi in Sardegna e nella Penisola.
Ma, mi domando, per 25 anni, ha sempre agito così?
Eppure da ciò che si legge, non ha semplicemente sbagliato, non ha commesso un semplice errore, da ciò che si legge sui quotidiani non c’è una colpa bensì il dolo.
E allora la gloria del servizio?
Quella rimane come contorno alla pensione anche se immeritata?
Me lo ridomando ancora, per 25 anni, presso la squadra mobile di Nuoro e anche alla Criminalpol ha sempre agito così?
E chi lo sa, dovremmo spulciare ogni singola informativa fatta, certo che il dubbio però, anche se al buio, rimane …
Riflettevo che sul conto Beniamino Zuncheddu all’epoca dei fatti hanno scritto di tutto, ho fatto una ricerca, i media hanno vomitato ogni sorta di notizia sul suo conto, mancavano solo i risultati delle analisi cliniche poi per il resto si trova tutto, questo perché il popolo voleva e doveva sapere i retroscena, il popolo ama il pettegolezzo sfrenato, il popolo ti spoglia, ti mette a nudo e ti stupra con il solo sospetto, senza alcuna pietà.
Tutto!
Il popolo deve sapere sempre tutto, tutto degli altri ma mai si deve parlare quando tocca a lui, singolarmente ...
E io mi chiedo ancora, per la famosa “par condicio”, in ordine al principio di equità, giustizia e imparzialità, del poliziotto che ha svolto le indagini cosa si sa esattamente?
Dove vive?
La famiglia sta bene, è sana?
E i suoi gusti sessuali, il titolo di studio, i provvedimenti disciplinari interni (se ne ha avuti o meno), le multe le paga?
Chi sono i suoi parenti, i suoi amici e la discendenza?
Qual è la sua reale capacità intellettiva, che sport pratica, l’orientamento politico è fondamentale, chi erano i genitori, dove ha vissuto e come ha vissuto?
Ha una pagina Facebook, Instagram, X, il poliziotto twitta?
Cosa pubblica, che frasi scrive?
Però queste domande, se vogliamo apparentemente banali, perché sospenderle al poliziotto, perché non estendere la consapevolezza pubblica della fonte delle azioni compiute, ad esempio, anche nei riguardi del magistrato che ha diretto e coordinato le indagini su “X”?
Com’era da piccolo il magistrato, che scuole ha fatto, come viveva allora, e ora? E chi sono le sue amicizie, i suoi gusti sessuali, i suoi problemi, ha una pagina social? Cosa scrive e come lo scrive?
Chi erano i suoi genitori, cos’hanno fatto?
E sì, perché non si può partire dall’assunto della ragione perché si è dalla parte “precostituita” della ragione perché, e ce lo rivelano i dati ufficiali, tutta questa ragione poi non c’è!
La particolarità che sfugge a molti è lo status di chi dovrebbe vigilare su chi, il poliziotto, il magistrato nella realtà delle cose sono dipendenti pubblici, ovvero impiegati statali, non sono agenti segreti e/o operatori dell’intelligence, perché non si può scrivere di loro?
C’è un motivo per il quale non si può descrivere chi ha condotto le indagini su “X”?
La privacy vale solo per chi conduce il gioco, quindi per il banco e non per tutti i giocatori della partita?
Non lo so, ma so che non sarà l’ultimo articolo sul tema ….

Foto dal web









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