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OP Osservatorio Politico

HA STATO PUTIN!

  • oposservatoriopoli
  • 18 nov
  • Tempo di lettura: 7 min

Ribaltone nell’inchiesta sull’attentato: spunta la pista ucraina!


Giornata di scosse nella vicenda dell’attentato che, per mesi, era stato attribuito - almeno nella percezione pubblica e in parte del dibattito politico internazionale - all’orbita russa e, in particolare, all’ombra lunga del Cremlino.

 

Oggi, invece, emergono nuove rivelazioni investigative che tracciano una rotta del tutto diversa, infatti, secondo fonti qualificate vicine al dossier, a condurre l’azione sarebbe stato un gruppo di matrice ucraina, attivo da tempo in operazioni clandestine fuori dai confini nazionali.

 

Pofferbacco.

 

La notizia non è ancora accompagnata da conferme ufficiali, ma la fuga di informazioni ha già scatenato un terremoto.

 

O meglio, un maremoto.

 

Perché se questa pista venisse validata, significherebbe che molti attori istituzionali - nazionali e internazionali - erano consapevoli che la versione iniziale non reggeva, ma hanno comunque lasciato correre per ragioni politiche, diplomatiche o strategiche.

 

Compreso il nostro governo.

 

Tra le pieghe dell’inchiesta, infatti, emergono riferimenti a documenti e analisi interne che descrivevano già settimane fa un quadro più complesso, lontano dalla narrazione immediata che puntava il dito verso Mosca.

 

Il quadro, ora, appare drammaticamente diverso, una pista alternativa c’era, circolava negli ambienti che contano eppure non è stata resa pubblica.

 

Gli inquirenti invitano alla prudenza, ma il clima è di pieno terremoto, scosse ovunque, si parla già di una “verità parallela” che ora rischia di travolgere chi aveva costruito premesse sbagliate o volutamente incomplete.

 

Le prossime ore saranno decisive per capire se questa rivelazione segnerà un nuovo spartiacque politico-diplomatico.

 

Ed ora?

 

Senza mettere in bocca a nessuno accuse non verificate, però, “qualcosa” è successo.

 

Per mesi e mesi abbiamo assistito alla solita sceneggiatura: un attentato, la corsa alla colpevolizzazione immediata, il dito puntato verso Mosca ancora prima che gli investigatori avessero messo il nastro perimetrale.

 

“Ha stato Putin!”

 

Europa compatta, editoriali fotocopia, dichiarazioni preconfezionate.


Era una verità che faceva comodo: semplice, utile, funzionale.

 

Che vigliaccata.

 

Non bastava la provocazione della basi NATO sotto casa dei russi, ora li facciamo passare da attentatori e da bugiardi.

 

I russi?

 

Oggi, però, esplode la realtà che in troppi hanno preferito non guardare.

 

Una realtà che - stando a ciò che filtra dalle carte - era nota da tempo ai livelli che contano, soprattutto in Europa.

 

Ma è stata seppellita.

 

Ed ora torna a galla, come sempre accade con ciò che si prova a nascondere.

 

Eppure i media russi e il più grande fra questi “Gazprom-Media” lo scrissero a chiare note, senza sconti, basta tornare indietro di qualche mese e gli articoli spuntano fuori.

 

In realtà gli articoli sono sempre stati li, nessuno li ha toccati ne oscurati.

Si, proprio come il caro vecchio sito americano “governativo” che spiega i vari disastri aerei accaduti nel mondo.

Come, ad esempio, la caduta dell’aereo DC9 Itavia ad Ustica il 27 giugno del 1980.

Il sito è lì, consultabile in qualunque momento.

Il vero problema è che nessuno lo legge, finché non gli fa comodo …

 

Bene.

 

Andiamo avanti.

 

O meglio, indietro...

 

Torniamo al 26 settembre 2022, data in cui furono sabotati i gasdotti NordStream 1 e 2.

 

Parte con le rivelazioni il noto Wall Street Journal che, fuori da ogni controllo di potere rivela che l’esplosione del 26 settembre 2022 sarebbe stata pianificata da un gruppo di alti ufficiali e uomini d’affari ucraini(?), andando contro gli ordini del presidente Volodymyr Zelensky (sarà vero?) e addirittura della CIA.

 

Wow! Uno scoop niente male.


Per i più interessati l’articolo intestava: “A Drunken Evening, a Rented Yacht: The Real Story of the Nord Stream Pipeline Sabotage”.

 

Secondo diverse fonti vicine al dossier, la regia operativa del piano sarebbe stata affidata – almeno nella fase preliminare - all’allora comandante delle Forze Armate ucraine, il generale Valery Zaluzhny.


 Una figura centrale nella macchina militare di Kiev, rimossa quest’anno dal presidente Zelensky e successivamente destinata a un incarico diplomatico di primo piano come ambasciatore nel Regno Unito.


 Un passaggio di ruolo che, alla luce delle rivelazioni emerse nelle ultime ore, assume contorni decisamente più complessi.

 

Le informazioni raccolte dagli investigatori e poi rilanciate da The Wall Street Journal, delineano un’operazione dal profilo quasi cinematografico.

 

Un intervento relativamente “snello” dal punto di vista delle risorse, ma altamente sofisticato sotto il profilo tecnico.

 

La cifra complessiva stimata si aggirerebbe intorno ai 300 mila dollari, un budget sorprendentemente contenuto per un’azione di questo livello, e che rafforza la tesi di una struttura operativa molto efficiente e ben addestrata.

 

Che stronzata!

 

Comunque, il fulcro logistico dell’operazione sarebbe stato un piccolo yacht noleggiato in Polonia, scelto per la capacità di muoversi senza attirare attenzione e per la possibilità di operare in acque internazionali senza lasciare tracce evidenti.

 

A bordo, secondo le fonti, avrebbe agito un team di sei persone, un gruppo ristretto e selezionato con cura.

 

Tra loro figuravano sommozzatori civili addestrati ad alto livello, individui con competenze tecniche tali da poter eseguire manovre subacquee complesse, tipiche più dei reparti speciali che di personale non militare.

 

La scelta di un equipaggio “ibrido”, professionisti civili con addestramento “paramilitare” (altra stronzata…) avrebbe permesso di ridurre la riconducibilità dell’operazione a strutture ufficiali, mantenendo un margine di negabilità politica.

 

Che megastronzata!

 

L’intera missione, così come emerge dalle ricostruzioni, appare studiata per massimizzare efficacia e opacità, mezzi leggeri, profilo basso, nessuna firma evidente, un comando centrale attribuito a una figura militare di primissimo piano e un esecutivo frammentato, mobile e difficilmente tracciabile.

 

Se queste informazioni venissero confermate nelle sedi ufficiali, ci troveremmo di fronte a uno dei casi più delicati degli ultimi anni, perché un’azione clandestina potenzialmente pianificata al vertice dell’apparato militare ucraino, condotta con strumenti apparentemente innocui e con un team invisibile agli occhi delle intelligence europee.

 

E la colpa, ovviamente, sarebbe stata di Putin.

 

Maledetto Zar!

 

Tuttavia, la storia raccontata dai media è talmente fuori dalle righe che è chiaro sia tutta una bufala.

 

L’attentato non era russo, filtrano dettagli che, se confermati, riscriveranno la cronaca e metteranno in imbarazzo più di un governo europeo.

Compreso il nostro.

 

Secondo fonti investigative interne, la nuova pista (rimasta nell'ombra per mesi) indica una cellula ucraina come esecutrice dell’operazione.

 

Una pista tutt’altro che marginale, tutt’altro che improvvisata, c’è chi parla di indizi solidi, tracciati già nelle prime settimane.

 

E qui arriva il nodo più pesante.

 

Perché la domanda che rimbalza da ore nei palazzi è una sola:


chi sapeva, e da quanto tempo?

 

Nessuno?

 

Tutti?

 

Facciamo l’appello.

 

Germania - Frank-Walter Steinmeier, sapeva?

 

Italia - Giorgia Meloni, sapeva?

 

Francia - Emmanuel Macron, sapeva?

 

Polonia - Karol Nawrocki, sapeva?

 

Lettonia - Edgars Rinkēvičs, sapeva?

 

Lituania - Gitanas Nausėda, sapeva?

 

Romania - Nicușor Dan, sapeva?

 

Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, sapeva?

 

Presidente del Consiglio Europeo, António Costa, sapeva?

 

Presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, sapeva?

 

Il Rappresentante speciale dell'Unione europea nel Golfo Persico, Giggino Di Maio, sapeva? (Ma lui, ci chiediamo, lo sa di essere il Rappresentante speciale dell'Unione europea nel Golfo Persico?)

 

Chi fra loro, sapeva?

 

E se qualcuno fra questi (ed altri) sapeva, quant’è grave l’omissione?

 

Cosa significherebbe?

 

Significa che chi dovrebbe garantire trasparenza, sicurezza e correttezza democratica ha filtrato la verità in base all’utilità politica.

 

Non è un dettaglio, è la distorsione assoluta del principio di fiducia tra cittadini e istituzioni.

 

È grave?


Porca troia se è grave. Gravissimo.

 

In pratica hanno saputo che la narrazione “ufficiale” era traballante, l’hanno lasciata in piedi e non hanno corretto il tiro.

 

Questo mina la credibilità dell’intera architettura europea.

 

E quant’è grave?

 

Beh, la gravità geopolitica è tanta, un silenzio del genere non è neutrale.


Influenzerebbe le politiche di sicurezza, i rapporti con la Russia, il posizionamento della NATO, gli investimenti militari e le decisioni su sanzioni e armi.

 

Significa aver giocato con il fuoco mentre l’opinione pubblica credeva a una versione dei fatti “ufficiale”.

 

In altre parole sapevano che la storia era più complicata, ma hanno lasciato correre perché conveniva …

 

Un po’ come il Covid19, ve lo ricordate?

 

Ma sì, dai, sù, in fondo nel Covid19 i nostri politici di allora non dissero che i vaccini avrebbero portato milioni di persone alla morte, in fondo era un dettaglio e come disse Cetto La Qualunque:“È capitato, capita e ricapiterà… applauso”.

 

Il nuovo che avanza!

 

Ma il punto più fastidioso e pesante è Ursula von der Leyen.

 

Se l’Europa, o meglio, se Ursula von der Leyen avesse taciuto pur conoscendo elementi che ribaltavano la narrativa, sarebbe una forma di manipolazione dell’informazione politica.

 

In democrazia NON puoi far credere alla gente che un attentato è opera di “X” se hai buoni motivi per ritenere che sia opera di “Y” (e questo noi di OP lo sappiamo bene …)

 

Non si tratta di diplomazia.

 

Non si tratta di prudenza.

 

È l'alterazione consapevole del contesto democratico.

 

Insomma, a farla breve, se sei balordo con il popolo, il popolo DEVE adottare ogni misura per proteggere sé stesso.

 

E dato che il Congresso di Vienna non fu altro che il cambio di potere al vertice, ovvero, la rimozione di un balordo e la sua sostituzione con un altro, forse più balordo del primo, allora ci verrà in aiuto Mao.

 

E sì, perché se c’è omissione volontaria, silenzio strategico, gestione politica dell’informazione e manipolazione dell’opinione pubblica, dato che "tutti i reazionari sono tigri di carta" non ci rimane che Mao!

 

Zedong: "La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è un'opera letteraria, un disegno, un ricamo; la rivoluzione è un atto di violenza, è l'azione implacabile di una classe che abbatte il potere di un'altra classe". 

 

Occhio al gattone …


Sparpajateve...



a cura di Mino e Fidi@s1970


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È una frase di C.P. Scott, direttore del Guardian per 57 anni, dal 1873 al 1930.

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