FRANCESCHINA BELLA...MA …I CONTANTI?
- oposservatoriopoli
- 14 nov
- Tempo di lettura: 6 min
Dal momento della applicazione delle sanzioni USA, a luglio di quest'anno, Francesca Albanese non può più usare carte di credito (Visa/Mastercard bloccate), aprire conti bancari o noleggiare auto.
Questo risulta anche da sue spontanee dichiarazioni.
A Napoli per un viaggio familiare, come racconta, ha dovuto girare con contanti in tasca.
Aggirare le misure OFAC è altrettanto rischioso: chi la paga per consulenze, conferenze o viaggi rischia sanzioni secondarie, con multe fino a 20 milioni e carcere.
Eppure sta continuando a presentare rapporti da Città del Capo ed è venuta a parlare al Senato italiano.
Curioso no…?
Noi di OP ci poniamo dei quesiti. Probabilmente gli stessi che si faranno i nostri lettori.
Ma in questo caso ci piacerebbe girarli alla diretta interessata...
Pregiata Francesca Albanese, in nome della trasparenza che da sempre la permea, in questa delicata fase di transizione, può chiarire esattamente quali soggetti (enti, ONG, università, fondazioni, privati) hanno pagato le sue spese di viaggio e soggiorno negli ultimi 12 mesi?
Se può, indichi nomi e importi complessivi per ciascuno.
In che misura le sue missioni, le sue conferenze e le sue consulenze sono retribuite?
Ci può fornire l’elenco delle tariffe o compensi percepiti per intervento negli ultimi 24 mesi?
Qual è la sua procedura per ricevere pagamenti (bonifico su conto bancario, assegno, contanti, e quant'altro...)?
Quando dichiara di essere costretta a viaggiare con “contanti in tasca”, può dirci da dove provenivano quei contanti (donazioni private, rimborsi, anticipi dall’organizzazione ospitante)?
Soprattutto, quant’era stò contante?
Perché se non ha carte di credito e conti correnti...dove recupera questo contante?
Perché ha dovuto ricorrere al contante a Napoli?
Chi gestisce la contabilità delle somme che riceve per attività professionali o istituzionali?
Ha un commercialista o una segreteria che registra fatture e ricevute?
Può esibire, su richiesta, fatture, contratti o lettere d’incarico che comprovino i pagamenti ricevuti per conferenze e consulenze degli ultimi 24 mesi?
Quali misure ha adottato per assicurarsi di non violare le sanzioni OFAC quando riceve denaro da soggetti con collegamenti in paesi sanzionati?
Ha consulenza legale specifica in materia?
Pregiata Francesca Albanese, sa che chi paga per consulenze a soggetti sanzionati rischia a sua volta sanzioni secondarie?
Ha informato i suoi pagatori del rischio che corrono ed ha ottenuto dichiarazioni scritte di assunzione di responsabilità?
Chi ha coperto i costi del suo viaggio in Italia per la presentazione al Senato?
È stata una istituzione pubblica, un ente privato o un pagamento diretto?
Se può, in nome della trasparenza, fornisca nome e natura del soggetto ospitante.
Ha ricevuto negli ultimi due anni donazioni in contanti superiori a 1.000 €?
Se sì, in che modo tali somme sono state rendicontate e a quale fine sono state impiegate?
È membro o beneficiaria di fondi gestiti da ONG o fondazioni che operano in Sudafrica o altrove?
Se può, sempre in nome della trasparenza, indichi quali ed il valore dei benefici percepiti.
Esistono contratti o accordi scritti che regolano il suo rapporto con organizzazioni che finanziano le sue attività?
Se sì, autorizza la pubblicazione o la visione di estratti rilevanti?
Con quali meccanismi contabili vengono rendicontati i rimborsi spese per le sue missioni (note spese, ricevute, bonifici)?
Lei, pregiata Francesca Albanese, può fornire esempi concreti?
Ci domandavamo, inoltre, se ha mai ricevuto compensi indiretti (alloggi, trasferimenti, rimborso carburante, benefit) che non sono comparsi in una fattura ufficiale?
In caso affermativo, come sono stati giustificati fiscalmente?
Chi le fornisce consulenza legale e fiscale sui rischi derivanti dalle sanzioni internazionali?
Può indicare lo studio o il professionista di riferimento?
Ha mai delegato a terzi alla riscossione di compensi per sue attività?
In caso affermativo, chi sono questi intermediari e quali accordi regolano il rapporto?
Come finanzia la sua attività quotidiana quando non è in “missione”, per le sue spese personali?
Sono emolumenti istituzionali, o provengono da enti e terzi?
Fornisca chiarezza sui “massimali” e sulla sostenibilità economica.
Accetta di pubblicare una dichiarazione di trasparenza contenente l’elenco pagatori, importi per voce (viaggi, consulenze, conferenze), modalità di pagamento e riferimenti contrattuali, anche entro un anno dall’uscita del nostro articolo?
Pregiata Albanese, le domande poste non hanno natura inquisitoria ma rientrano nel dovere di trasparenza che deve accompagnare chiunque ricopra un ruolo istituzionale o rappresenti un organismo internazionale.
Un funzionario o rappresentante delle Nazioni Unite - ancor più se coinvolto in attività di advocacy politica e diplomatica - è chiamato a mantenere una condotta esemplare, limpida e documentabile, sia sul piano etico che finanziario.
La trasparenza economica non è un optional, è una condizione di credibilità.
Quando una figura pubblica è soggetta a sanzioni internazionali o limitazioni operative come quelle imposte dall’OFAC statunitense (agenzia federale americana all'interno del Dipartimento del Tesoro che si occupa di applicare sanzioni economiche e commerciali), è doveroso chiedere come vengano gestiti i fondi, i rimborsi e i compensi per attività professionali o istituzionali, soprattutto se tali risorse provengono da soggetti esterni, privati o governativi.
Lei nella sua vita ha scelto il palcoscenico e il pubblico ha diritto di sapere in che modo una rappresentante ONU continui ad operare, viaggiare e intervenire in sedi istituzionali, se i canali finanziari e organizzativi che lo sostengono siano conformi alle leggi internazionali e alle norme etiche del mandato ricevuto.
Allo stesso modo, chi rappresenta valori universali come pace, giustizia e diritti umani, deve accettare di essere sottoposto a un livello di verifica più alto della media, perché la fiducia si conquista con la coerenza, non con le parole, ops, le chiacchiere...
Pertanto, queste domande sono un atto di responsabilità e di moralità civica, non un attacco personale, servono a difendere la trasparenza delle istituzioni e la dignità di chi le serve davvero.
E se tutto è regolare, non ha nulla da temere, no?
Anzi, la chiarezza sarebbe il modo più efficace per restituire credibilità ad un ruolo che oggi, più che mai, deve brillare di luce propria e far tacere chi “sospetta”.
Ah, Gentile Signora Albanese, quasi dimenticavamo … Chi sceglie di esporsi sulla scena internazionale, criticando governi o potenze mondiali, deve prima di tutto essere irreprensibile.
Non si può pretendere di salire sulla cattedra della morale, di giudicare ed indicare Israele e gli Stati Uniti come incarnazioni del male, e poi sottrarsi alla stessa trasparenza che si invoca per gli altri.
La coerenza è la prima forma di credibilità.
Chi denuncia deve poter essere denunciabile, chi accusa deve poter essere esaminato.
E se emergono zone d’ombra, conti “opachi”, spese non dichiarate, rapporti ambigui, allora è giusto chiedere un passo indietro.
Non per vendetta, ma per rispetto verso le istituzioni che rappresenta.
Perché la verità non si difende con i proclami, ma con la limpidezza.
E chi non può garantirla, farebbe meglio a ritirarsi in silenzio, prima che il silenzio lo sommerga.
Ma, perché gli USA le hanno fatto questo?
Ce lo siamo chiesti e lo abbiamo scoperto.
Ed ecco perché gli USA hanno deciso di bloccare i conti e le attività della Francesca Albanese:
Il 9 luglio 2025 lo United States Department of State ha annunciato sanzioni nei suoi confronti, qualificandola come “specially designated national” in base all’Executive Order 14203.
Le sanzioni comprendono: blocco di eventuali asset negli Stati Uniti e obbligo per persone e società statunitensi di non intrattenere transazioni con lei.
Le autorità USA sostengono che l’attività di Albanese — in particolare le accuse rivolte a società statunitensi implicate nell’economia dell’occupazione dei territori palestinesi — abbia rappresentato una forma di “campagna economico-politica” contro gli interessi USA e israeliani.
L’iscrizione alla lista delle sanzioni dell’Office of Foreign Assets Control (OFAC) comporta che molte banche europee e internazionali non possano aprire o mantenere conti a suo nome, per timore di subire a loro volta sanzioni secondarie.
In buona sostanza, in parole potabili, gli USA hanno bloccato le sue attività finanziarie e operative internazionali perché la ritengono una minaccia agli interessi economici e politici statunitensi e israeliani, e per lo stesso motivo anche organismi finanziari europei sono diventati reticenti a prestarle servizi.
Se davvero vuole fare chiarezza sulla sua situazione e dimostrare di non avere nulla da nascondere, questo è il momento di farlo.
Solo la trasparenza potrà riaccendere la luce…
Restiamo in attesa...vigile...senza Tachipirina...
a cura di mino e Fidi@s










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