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CORTOCIRCUITO A SINISTRA: Fiano contestato dai suoi "compagni"...

  • oposservatoriopoli
  • 29 ott
  • Tempo di lettura: 6 min

Il 27 ottobre 2025, all'Università Ca' Foscari di Venezia, durante un incontro organizzato da "Sinistra per Israele - Due Popoli, Due Stati", mentre Emanuele Fiano prendeva la parola, è stato bruscamente interrotto ed insultato da un gruppo di attivisti pro-Palestina, tra cui parecchi membri della sinistra giovanile.

 

Si. Avete letto bene.

Non dai beceri e cattivi “fassisti” ma dai “compagni”...

I suoi stessi compagni.

 

Slogan come "fuori i sionisti dall'università" hanno impedito a Emanuele Fiano, presidente dell'associazione e figlio del testimone dell'Olocausto Nedo Fiano, di esprimere le sue opinioni sulla pace in Medio Oriente.

 

Follia oltre la  follia.

 

Fiano ha dichiarato di essere stato "scioccato" dall'accaduto, paragonando l'episodio all'espulsione del padre da una scuola nel 1938, durante le leggi razziali.

 

Questo episodio evidenzia, per l'ennesima volta, un cortocircuito ideologico all'interno della sinistra italiana.

 

Mentre alcuni gruppi giovanili di estrema sinistra contestano posizioni moderate, altri, come Fiano, cercano di promuovere il dialogo e la pace.

 

La situazione solleva interrogativi sulla coesione e sull'evoluzione delle neo ideologie “eversive” all'interno della sinistra.

 

La politica italiana “a sinistra” sta attraversando un momento di riflessione. 

E, probabilmente, anche di profonda spaccatura.

 

Gli eventi come quello di Venezia indicano la necessità di un dibattito interno per definire chiaramente le posizioni e le strategie future.

 

In conclusione, l'incidente all'Università Ca' Foscari non è solo un episodio isolato, ma un segnale di una sinistra che sta cercando di rinegoziare le proprie identità e alleanze in un contesto geopolitico complesso.

 

Cerca di rinegoziare ma, a quanto pare, non compra nessuno...

 

Emanuele Fiano si è trovato davanti a un paradosso incredibile e stenta a crederlo: contestato da quelli che dovrebbero essere i suoi stessi compagni di sinistra che invece, lo hanno ghettizzato.

 

Antisionisti.

 

Diciamola tutta, in maniera più semplice, anti ebrei.

Come i nazisti.

 

Chissà cosa direbbe la Salis scoprendo che spaccare la testa ad un nazista è un pò come colpire tuo fratello?

 

Almeno, che abbiano il coraggio di dirlo apertamente.

Sono anti ebrei.

 

"Mortacci"...direbbe Chicco...

 

Il punto è il cortocircuito politico.

 

Una sinistra che oggi non solo non dialoga con il suo stesso rappresentante, ma lo silenzia perché le sue posizioni non coincidono perfettamente con l’ortodossia “di piazza”, mostra tutta la propria frammentazione ed incoerenza.

 

Ma in fondo, il caso Fiano non è un episodio isolato: è la fotografia di un movimento che fatica a capire chi è, cosa vuole e come vuole esser percepito.

 

Una sinistra in cortocircuito, incapace di riconoscere il valore delle posizioni interne e di dialogare senza pregiudizi.

 

Razzisti, antisionisti e contro le Forze dell’Ordine, c’è altro a sinistra?

 

La sinistra italiana sta vivendo un cortocircuito ideologico senza precedenti.

 

Non solo si trova divisa su temi fondamentali come il conflitto israelo-palestinese, ma è anche incapace di gestire le proprie contraddizioni interne.

 

Altro esempio lampante è l'episodio che ha visto protagonista Francesca Albanese, relatrice speciale dell'Onu sui territori palestinesi occupati.

 

Durante una puntata della trasmissione "In Onda" su La7, l'Albanese ha lasciato lo studio in diretta mentre Francesco Giubilei citava Liliana Segre, senatrice a vita e sopravvissuta ad Auschwitz, riguardo al genocidio.

 

Ve lo ricordate?

 

Albanese ha poi dichiarato: "Sul genocidio sono d'accordo con Liliana Segre", ma ha poi aggiunto: "Devo andare" e si è alzata, lasciando lo studio.

 

Educatissima, elegantissima. Come sempre.

 

Tuttavia, il gesto della Albanese e quello subito da Fiano solleva interrogativi più ampi.

 

Luciano Belli Paci, figlio di Liliana Segre, ha accusato Francesca Albanese di essere "ossessionata" da sua madre e di volerle negare il diritto di parola.

 

Secondo Belli Paci, questo comportamento riflette un clima di intolleranza crescente nel dibattito pubblico italiano.

 

La sinistra si trova quindi di fronte a una scelta: continuare su questa strada di divisione e intolleranza, o cercare un ritorno al dialogo e al rispetto reciproco.

 

Che strada prenderà questa benedetta sinistra?

 

Chi lo sa?

 

Quante volte il povero Enrico si dovrà rivoltare nella tomba?

 

La sinistra italiana ormai è un cortocircuito permanente.

 

Tra antisionismo, contestazioni interne e gesti plateali contro figure rispettate come Liliana Segre, emerge un quadro di incoerenza difficile da ignorare.

 

Anche i sindacati, tradizionalmente baluardo della tutela dei lavoratori, sembrano più concentrati sulle campagne pro-Palestina che sulla difesa concreta dei diritti dei propri iscritti, vero Mauriziè?

 

Una strategia(?) questa, che rischia di alienare la base storica della sinistra, mostrando una politica interna frammentata e lontana dai problemi reali della gente comune.

 

In un momento in cui crisi economica, inflazione e precarietà colpiscono milioni di italiani, la sinistra e i suoi sindacati sembrano smarrire la bussola.

 

O forse l’hanno smarrita da tempo.

 

Il cortocircuito ideologico è evidente perché tra slogan internazionali e dispute interne i diritti dei lavoratori passano in secondo piano, mentre la credibilità della sinistra italiana vacilla sempre di più.

 

Se non si ritrova un centro di gravità politico e sociale, il rischio è quello di restare intrappolati in un dibattito sterile, lontano dalle necessità concrete di chi dovrebbe rappresentare.

 

Insomma, " dei cicli positivi della circolarità, uscendo dal movimento lineare...".

Con scappellamento a destra per due come se fosse antani...

 

Mentre famiglie e lavoratori italiani affrontano inflazione, precarietà e disoccupazione, i sindacati della sinistra scelgono di parlare di geopolitica internazionale piuttosto che dei diritti concreti dei propri iscritti.

 

Landini e compagni (quali?) hanno abbandonato chi li ha sostenuti per decenni, sacrificando la credibilità e l’influenza della sinistra sull’altare di campagne lontane dai problemi reali.

E non possiamo lasciare soli Fiano, Fratoianni, la Salis, la Schlein e Landini, nel dover mantenere barra a dritta sulla rotta anche per l’ambiente, baluardo per il quale hanno preso qualche punto percentuale così come hanno fatto i Cinque Stelle.

 

Chiaro e senza giri: per “mantenere pulito l’ambiente” però, bisogna lavorare, sudare e  sporcarsi le mani.

 

Non è roba da sindacalisti, politici o radical chic.

 

Si, diciamo a te.

Proprio a te che manchi all’elenco-appello dei disperati.

 

Non stare a cambiare bandiera ogni volta che arriva un titolo di giornale…

 

Ecco perché quel passaggio - non fa per te - va dritto al caro Bonelli, perchè quando la politica si fa marketing e la priorità diventa raccattare consensi sui temi internazionali, si abbandona il lavoro concreto.

 

Si diventano esperti di slogan, non di diritti.

 

E così si passa facile dall’ambiente al Corano.

 

Non è solo ipocrisia intellettuale, è tradimento pratico.

 

I sindacati stanno perdendo tempo prezioso a inseguire campagne simboliche e alleanze mediatiche anziché negoziare contratti, difendere i salari e combattere la precarietà.

Se pensi alla Palestina non puoi pensare all’Italia.

 

E quando i leader trasformano la mobilitazione in show - alimentando frasi d’odio o istigando tensioni nelle piazze - il risultato è che i lavoratori restano a piedi e la rabbia sociale viene strumentalizzata.

 

Detto chiaramente a Bonelli e ai suoi pari, cambiare identità politica per raccogliere like non è coraggio, ma scappare dalle responsabilità.

 

Conoscete il termine banderuole?

 

Noi si …

 

Se davvero si vuole aiutare la Palestina, si faccia con impegni concreti e non con teatrini che scaricano il peso sui lavoratori.

 

Se invece l’obiettivo è il consenso facile, allora bisogna dire le cose per quello che sono: politica da salotto, lontana dalle fabbriche, dai cantieri e dalle buste paga ma vicine, molto vicine, solo alle proprie buste paga.

 

E va così, allora, che la sinistra ha tradito la propria ragion d’essere.

 

Ha sostituito contratti, salari e sicurezza sul lavoro con réclame internazionali, tweet e alimentazione di piazze che finiscono per violentare gli interessi concreti dei lavoratori.

 

I sindacati, col sor Maurizio Landini in testa, e i leader meteorici tipo Bonelli hanno scelto la tregua con l’immagine e lo show piuttosto che la lotta quotidiana in fabbrica e nei cantieri. Il risultato?

 

Operai senza tutela, giovani precari lasciati al loro destino, salari da fame, credibilità evaporata.

 

Se questo è il nuovo corso, ben venga che la gente si renda conto.

Chi abbandona i lavoratori non merita più di rappresentarli.

 

Riprendetevi il sindacato che avete svenduto - o fatevi da parte.

 

E poi si chiedono perché vengono cacciati dai loro stessi compagni …

 

Compagni col Rolex fate attenzione.

 

Se è vero a destra, allora è vero anche a sinistra.

Sono mesi che lo scriviamo.

 

La verità è che da qui all’eversione il passo è breve.

 

La storia italiana lo insegna, ogni volta che la sinistra ha smesso di difendere il lavoro per inseguire le bandiere dell’ideologia, qualcuno ha cominciato a giustificare la violenza “per una causa giusta”.

 

È così che si innescano i mostri - quando la rabbia diventa metodo politico e la piazza sostituisce il confronto.

 

Oggi come allora, il copione si ripete: slogan al posto delle idee, fanatismo al posto della responsabilità, e sindacati che, invece di spegnere il fuoco, ci soffiano sopra per restare rilevanti.

 

Ma a furia di giocare con il fuoco, si rischia di bruciarsi del tutto.

 

E stavolta, nessuno potrà dire di non averlo visto arrivare.

 

Fischia ancora il vento...



a cura di Massimiliano De Cristofaro



(image dal web)

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