Carceri italiane, una crisi annunciata e ignorata.
- oposservatoriopoli
- 1 set
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Noi di OP però, l’avevamo scritto …
L'estate 2025 ha portato alla luce una realtà drammatica e inaccettabile: le carceri italiane sono al collasso.
Con 55 suicidi registrati nei primi sette mesi e mezzo dell'anno e 103 decessi per altre cause, tra cui malattie, overdose e omicidi, la situazione è diventata insostenibile.
Il sovraffollamento è una delle principali cause di questa emergenza.
Al 30 giugno 2025, le persone detenute erano 62.728, a fronte di una capienza regolamentare di 51.276 posti.
Inoltre, oltre 4.500 letti risultano indisponibili, portando il tasso di affollamento reale al 134,3%.
In ben 62 istituti, il sovraffollamento supera il 150%, con punte del 220% a Milano San Vittore.
Le condizioni di vita degradanti, la mancanza di spazio e la carenza di personale aggravano ulteriormente la situazione.
Secondo un'analisi, 51 dei 54 istituti in cui si sono verificati suicidi nel 2024 registravano un indice di sovraffollamento superiore al 100%.
Le rivolte e le proteste sono diventate frequenti.
Solo tra luglio e agosto 2025, si sono verificati numerosi episodi di violenza, incendi e aggressioni, come quello avvenuto nel carcere di Ariano Irpino, dove 546 detenuti erano stipati in una struttura con 476 posti disponibili.
Nonostante le numerose denunce e appelli da parte di associazioni e osservatori, come l'Osservatorio Carcere delle Camere Penali, la situazione rimane critica.
Le proposte di riforma, come la riduzione del ricorso alla custodia cautelare e l'ampliamento delle misure alternative alla detenzione, sono spesso ignorate o attuate in modo insufficiente.
È imperativo che le istituzioni affrontino con urgenza questa emergenza, adottando misure concrete per garantire condizioni di detenzione dignitose e rispettose dei diritti umani.
Il silenzio e l'inazione non sono più tollerabili.
Ma lo Stato dov’è?
Il governo dov’è?
E l’opposizione dov’è?
Lo Stato ignora la strage silenziosa?
In Italia, le carceri non sono solo luoghi di reclusione: sono teatri di un’agonia istituzionale, dove lo Stato recita una parte grottesca e tragica allo stesso tempo.
Suicidi, rivolte, celle disumane: tutto diventa ordinario grazie al silenzio complice della classe politica…
Oggigiorno forse, i diritti dei detenuti non vanno più di moda…
Il Ministro Nordio si ostina a negare la connessione tra sovraffollamento e suicidi, addirittura sostenendo che “il sovraffollamento è una forma di controllo”.
È un’affermazione paradossale e pericolosa, che suona come un invito all’indifferenza istituzionale.
E persino quando promette 10.000 posti in più o misure alternative, arriva sempre in ritardo e su pressione - come quella della magistratura di sorveglianza - e mai con un progetto strutturato e umano sul lungo termine.
Ma l’opposizione?
L’opposizione si riempie la bocca di parole forti e di atti minimi.
Il Partito Democratico parla di “situazione catastrofica”, definisce il ministro “immerso in retorica securitaria” e invoca misure urgenti come la liberazione anticipata speciale.
Ma poi?
Nulla di concreto.
Anche la proposta Giachetti giace da mesi alla Camera, ferma, mentre il Parlamento resta paralizzato.
I richiami del Presidente Mattarella su interventi urgenti - “un dovere costituzionale” - rimangono parole al vento, mentre le richieste di un confronto strutturale restano lettera morta.
Le parole spese da Mattarella, a memoria nostra, sono solo quelle per la strage di Bologna che è stata etichettata da quest’ultimo “strage neofascista”!
Per il resto, il silenzio.
Quanti altri morti vogliamo contare?
Manca una strategia vera.
La politica continua a vedere il carcere come uno scaricabarile umano e non come luogo di trattamento e reinserimento.
Si investe a singhiozzo, si costruisce qua e là, si annuncia qualcosa ogni tanto, ma i detenuti restano stipati in ambienti soffocanti, con servizi inesistenti - medici, psicologi, ventilazione, dignità - e temperature infernali che superano i 50 °C.
Non ce ne frega niente perché sono delinquenti?
E no, quest’affermazione è un pericoloso paradosso morale, considerare i detenuti “non meritevoli” di attenzione o diritti significa negare i principi fondamentali della nostra civiltà giuridica.
Ameno che non vogliamo dimostrare al mondo che, ancora una volta, siamo solo chiacchiere.
Secondo il professor Nick Hardwick, professore emerito dell’Università Royal Holloway di Londra, anche se la detenzione ha una funzione punitiva, i diritti umani non vanno sospesi.
I detenuti hanno pur sempre una dignità inalienabile che va rispettata.
Le persone private della libertà hanno mantenuto ogni altro diritto civico, incluse protezione contro trattamenti degradanti.
I Diritti dell’uomo sono universali, si applicano a tutti - indipendentemente dalle azioni commesse.
Le Nelson Mandela Rules stabiliscono standard minimi di trattamento verso i detenuti (igiene, salute, educazione, rieducazione), affermando il principio di non discriminazione.
Trattare i detenuti con dignità e offrire loro servizi (riabilitazione, formazione) non è un atto di clemenza fine a sé stesso, ma una strategia efficace per ridurre la criminalità futura.
Un sistema carcerario più umano favorisce la pace sociale e previene ricadute nel crimine.
Vogliamo ricordare a noi stessi che nelle carceri soggiornano “per sbaglio” tante persone perbene, vittime di errori giudiziari o peggio, di un sistema squallido che vede le vittime quali responsabili.
Molti padri, molti figli, molte persone sono nel “mazzo” e un nostro caro potrebbe incappare - o essere infilato - in un problema giudiziario, a quel punto cambierebbe la nostra visione d’insieme sui detenuti.
Ed eccoli lì, mischiati tutti, buoni e cattivi, per questo dei detenuti, nonostante la condanna, restano esseri umani con diritti inviolabili.
La loro protezione è un obbligo morale.
La frase “Non ce ne frega niente perché sono delinquenti” è inaccettabile sotto ogni profilo, morale, legale, sociale, e perfino utilitaristico.
Perché dovremmo interessarci?
Perché l’interesse difende la dignità umana di tutti, senza eccezioni.
Perché rafforza la sicurezza e riduce la recidiva.
Perché protegge la salute pubblica.
Perché conferma i valori civili di una democrazia.
Perché è un obbligo sancito dai trattati internazionali.
“Non bisognerebbe rassegnarsi alla vulgata ‘vabbè, tanto sono criminali’… significa cancellare secoli di evoluzione della civiltà dell’amministrazione della giustizia”
Ricordiamo il "caso Rackete"?
Dopo che quest’ultima, al comando della nave Sea Watch 3, aveva forzato il divieto di ingresso in acque italiane per sbarcare 53 migranti salvati al largo della Libia, la vicenda è diventata simbolo della politica dei "porti chiusi" del governo italiano e della tensione tra le ONG che soccorrono i migranti in mare e le autorità.
Tanto rumore per 53 migranti clandestini Libici “reclusi” in una nave, così dissero, reclusi su un nave …
Mentre nelle carceri in terra (navi alla deriva) viaggiano 62.445 persone su 51.292 posti disponibili in “cabina”, quindi con 11.153 detenuti in eccesso rispetto alla capienza ufficiale.
Salvare 53 migranti in mare è un simbolo emotivo potente, che attira facilmente l’attenzione e l’approvazione pubblica ma la memoria corta consente oggi reazioni forti solo quando la sinistra è all’opposizione.
Ok per le ONG ma le carceri?
A quanto pare le carceri solo luoghi invisibili, impopolari, che richiedono riflessioni scomode e impegnative.
È interessante sul tema, leggere anche l’ultima lettera aperta scritta da Gianni Alemanno (rif. diario di cella 19), a prescindere dalla sua condizione di enorme disagio nella sua lunga detenzione a Rebibbia (Roma) - forse dovuta più ad una ripicca giudiziaria che ad una severa e tignosa applicazione della norma - racconta della visita del Presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, insieme a Pino Gangemi, il consigliere regionale più impegnato nella solidarietà alle persone detenute, con al seguito tutti i dirigenti della ASL preposti alla salute nel suo carcere.
Il Presidente della Regione (già Presidente mondiale della Croce Rossa) è andato appositamente in carcere per garantire il diritto ad una buona condizione fisica di una persona detenuta che versa in un grave stato di salute perché l’incessante attività di denuncia civile, probabilmente ha mosso gli animi rispetto alle insufficienze dell’Amministrazione penitenziaria.
Ma questo è solo l’inizio, noi non smetteremo mai di denunciare questa vergogna nazionale, ricordiamo a noi stessi che l'ultimo indulto in Italia risale al 2006, approvato con legge il 29 luglio su proposta del governo Berlusconi e poi del governo Prodi.
Mentre gli unici provvedimenti, di sola amnistia, furono quelli del 1982 e 1983, ed esclusivamente per reati finanziari.
Quest’anno, l'Italia si trova di fronte a una proposta di amnistia e indulto che potrebbe liberare fino a 20.000 detenuti ma, le polemiche non si placano perché questo provvedimento solleva preoccupazioni sulla sicurezza urbana e suscita polemiche tra i cittadini.
Tuttavia è necessario, non si può più fare finta di niente!
E dato che in ogni contestazione s’invoca la Costituzione, bene, l'indulto è previsto nell'ordinamento italiano dall'art. 79 della Costituzione e dell'art. 174 del Codice penale.
In conclusione, l'amnistia e l'indulto rappresentano strumenti previsti dalla nostra Costituzione e dal Codice Penale per affrontare situazioni straordinarie, come il sovraffollamento carcerario che affligge l'Italia nel 2025.
“Chiediamo oggi ciò che è già scolpito nella nostra Costituzione: equilibrio tra giustizia e umanità, perché in una società davvero libera, le chiavi della legalità devono aprire le porte della speranza, non perpetuare le ombre del passato.”
Quindi “Ben venga l’indulto - tanto per punire la lentezza dello Stato, non certo quella dei cittadini.”
a cura di Fidi@s1970
(image© ilsussidiario 2016)










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