Italia, galere da morire: 71 suicidi nel 2024, 44 già nel 2025.
- oposservatoriopoli
- 31 lug
- Tempo di lettura: 3 min
Il carcere è un buco nero e nessuno lo vuole vedere. Serve un’amnistia, ora!
di Massimiliano De Cristofaro
Un detenuto si è impiccato nel carcere di Torino.
Un altro si è tolto la vita a Catania.
A Poggioreale un giovane si è lanciato dal terzo piano della sezione.
I numeri non sono più emergenza: sono una strage silenziosa.
Nel 2024, 71 suicidi dietro le sbarre.
Nei primi sette mesi del 2025, già 44.
Uno ogni cinque giorni.
Ma di funerali istituzionali, neanche l’ombra.
Una media da brivido, degna di una zona di guerra.
Ogni anno, centinaia di detenuti tentano il suicidio.
Ogni mese, decine ci riescono.
Le statistiche ufficiali del Ministero della Giustizia, aggiornate a luglio 2025, parlano chiaro: oltre 150 tentativi al mese, più di 4.000 atti di autolesionismo nel solo 2024.Non servono più gli aggettivi: “drammatico”, “inaccettabile”, “urgente”.
Servono azioni.
Celle sovraffollate, terapie negate, umanità calpestata.
La capienza regolamentare delle carceri italiane è poco sopra i 51.000 posti.
I detenuti oggi sono più di 61.000.
Ci sono istituti che sfiorano il 140% di saturazione.
A volte 4 persone in celle da 9 mq, con servizi igienici fatiscenti e turni d’aria che ricordano campi di prigionia.
Nel 2024, solo il 34% dei detenuti ha avuto accesso regolare a supporto psicologico o medico.
Le richieste per uno psichiatra restano inevase per settimane.
Il 43% dei suicidi era stato già segnalato come “a rischio”, eppure nessuno ha fatto nulla.
NESSUNO!
Solo idee folli e soluzioni impossibili.
Nel silenzio generale, muoiono i poveri, gli stranieri, i malati.
Chi si uccide?
Soprattutto giovani tra i 20 e i 40 anni, spesso tossicodipendenti, stranieri, senza fissa dimora.
Detenuti in attesa di giudizio o con pene brevi.
Quelli che la giustizia dovrebbe recuperare, non seppellire.
E tra i sopravvissuti?
Malattie croniche, disturbi psichiatrici, traumi non curati.
L’OMS e il Comitato europeo per la prevenzione della tortura hanno ripetutamente richiamato l’Italia: “Condizioni inumane e degradanti”.
Regime carcerario o tortura istituzionalizzata?
Nel 2025, sono ancora oltre 700 i detenuti in regime 41-bis, molti dei quali in isolamento 22 ore su 24, anche in età avanzata o con gravi patologie.
Aumentano anche le segnalazioni da parte dei garanti regionali: maltrattamenti, pestaggi, abusi di potere.
Nella sezione militare di Santa Maria Capua Vetere, dove nel 2021 si verificarono violenze sistematiche documentate, nessuna reale riforma è seguita.
Il Parlamento?
Tace.
La politica?
Complice.
Ogni volta che si parla di carcere, il riflesso pavloviano è: “Tolleranza zero”, “Inasprire le pene”, “Costruire nuove carceri”.
Come se moltiplicare i muri potesse risolvere il disagio sociale.
Nel 2023, la Corte Costituzionale aveva già evidenziato l’urgenza di interventi strutturali, compresa l’amnistia o l’indulto parziale, ma il Governo ha voltato la faccia dall’altra parte.
I numeri non si arrestano.
I morti neppure.
Amnistia, subito: non è clemenza.
È giustizia!
Un paese civile non accetta che la pena diventi morte.
Non può permettere che chi entra in carcere per scontare due anni ne esca dentro una bara bianca.
Non si tratta di “buonismo”.
Si tratta di diritto, umanità e responsabilità democratica.
L’Italia deve adottare un’amnistia per pene minori e detenuti in condizioni incompatibili con la vita.
Deve decarcerizzare dove la pena è solo vendetta.
Deve trasformare il carcere da discarica sociale a luogo di reintegrazione.
Se non ora, quando?
Quando saranno tutti morti?
E ricordiamocelo, in carcere non ci vanno solo i colpevoli, quindi occhio a commentare perché in Italia, può capitare a chiunque!
"La legge è uguale per tutti, ma in carcere somiglia più a una condanna a morte per i poveri, che a una giustizia per i colpevoli."










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