E se vi dicessi che la Costituzione Italiana non è proprio così antifascista?
- oposservatoriopoli
- 6 ago
- Tempo di lettura: 5 min
Ci obbligano a credere che la Costituzione italiana sia antifascista nei suoi principi fondamentali, anche se non contiene mai esplicitamente la parola "fascismo" o "antifascismo" nel testo.
Perché un documento che dovrebbe essere cristallino “lascia intendere”?
Qualcosa non quadra.
O qualquadra non cosa!
La Costituzione nasce nel dopoguerra, subito dopo la caduta del regime fascista e la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Fu scritta da un'Assemblea Costituente composta da antifascisti di varie correnti politiche (comunisti, socialisti, democristiani, azionisti, liberali) ma non è esplicitamente antifascista!
Forse è antifascista solo perché nella XII Disposizione finale vi è scritto: È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista?
Nel dettaglio: "È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista" (XII disposizione transitoria e finale della Costituzione)
Questa è una norma esplicitamente antifascista ed ha avuto applicazione concreta attraverso la legge Scelba (1952) e la legge Mancino (1993), che puniscono l'apologia di fascismo e i crimini d’odio.
Però,poi, c’è sempre un però …
Anche senza usare la parola "antifascista", la Costituzione italiana è nata per contrastare il ritorno di regimi autoritari “come” il fascismo.
Però, sotto l’egida di un profilo intellettuale “la Costituzione italiana non è davvero antifascista”.
Il termine "fascismo" non compare mai nel testo costituzionale, salvo nella XII disposizione finale (che comunque parla di "disciolto partito fascista" - non di ideologia o simbologie fasciste in generale).
L'antifascismo è detto “implicito” ma non esplicito, ed è un fondamento culturale e storico, non un vincolo giuridico operativo in ogni contesto.
Lo "spirito antifascista" viene celebrato, ma raramente applicato con rigore perché non lo si può attuale.
Anche perché la “discrezionalità nella repressione dell’apologia di fascismo” in Italia è evidente, la Legge Scelba e la Legge Mancino sono applicate a macchia di leopardo.
Spesso i giudici ritengono che i saluti romani o le simbologie fasciste non configurino "apologia", ma “manifestazione nostalgica” o “libertà di espressione”.
Quindi lecito.
L’antifascismo è solo un valore “culturale”, non giuridico, la Corte Costituzionale ha affermato in più sentenze che l'antifascismo è un valore fondativo della Repubblica.
Ma non esiste alcuna norma costituzionale che lo renda “criterio vincolante per l'accesso alle cariche pubbliche” (come accade ad esempio in Germania con il divieto di partiti neonazisti).
Riorganizzazione “sotto altra forma”?
Neanche.
Movimenti e partiti che si ispirano apertamente al fascismo (come Forza Nuova o CasaPound) hanno potuto agire e candidarsi.
La magistratura infatti, salvo rare eccezioni, ha ritenuto “non applicabile la XII disposizione” perché mancherebbe una “continuità diretta e organizzata”.
Insomma, più c’è la caccia alle streghe più le streghe proliferano.
Dire che la Costituzione italiana è "antifascista" è vero nella teoria, illusorio nella prassi e vago nella giurisprudenza.
L’antifascismo è stato lasciato alla memoria e alla coscienza civile, non ai codici.
Si, si legge: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista” ed è l’unico punto in cui si nomina esplicitamente il fascismo ma è vago: non si parla di ideologia, ma solo di "partito".
E quando la legge non è chiara, chi vuole riscrivere la storia trova sempre un varco.
E se il varco fosse stato lasciato aperto proprio nella Costituzione?
Vi lasciamo con un’analisi critica della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana, sottolineando il fatto - storicamente e giuridicamente corretto - che il testo vieta la riorganizzazione del partito fascista, ma limita il diritto di voto e l’eleggibilità dei capi fascisti solo temporaneamente, per massimo cinque anni!!!
Ora vogliamo approfondire i punti chiave, integrando con contesto storico e giuridico, per capire meglio quanto sia fondata (e attuale) la mia riflessione.
ANALISI DELLA XII DISPOSIZIONE - Testo integrale della disposizione:
“È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.”“In deroga all'art. 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall'entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e all’eleggibilità dei capi responsabili del regime fascista.”
Quindi?
La Costituzione “antifascista” cosa dice davvero?
Dice espressamente che non si vieta l’ideologia fascista in sé ma si vieta la riorganizzazione del partito fascista, cioè una struttura partitica ufficiale.
Dice che le sanzioni politiche (es. esclusione dal voto o candidatura) sono limitate nel tempo: massimo 5 anni (1948–1953) e quindi, anche i capi fascisti, dopo 5 anni, sono riammessi alla vita politica del Paese ...
Quindi nessuna epurazione permanente, molti ex gerarchi fascisti sono tornati in ruoli pubblici (es. Junio Valerio Borghese, Giorgio Almirante).
Quindi la legge Scelba del 1952, che attua in parte la XII disposizione, punisce solo la apologia di fascismo e la riorganizzazione concreta, ma con interpretazioni molto restrittive.
Infine la Corte Costituzionale e la Cassazione sono spesso caute nel vietare simboli, partiti o movimenti neofascisti, a meno di prove concrete di ricostituzione del disciolto partito.
Cari amici, se vogliamo essere realistici, dobbiamo produrre considerazioni critiche.
In Italia, il divieto al fascismo è più morale e culturale che giuridico.
La XII disposizione è bloccata in una logica transitoria, pensata per un momento post-bellico, non come fondamento eterno della Repubblica.
E questo spiega perché movimenti neofascisti siano ancora attivi, spesso tollerati se restano ambigui.
La Costituzione italiana non esclude “per sempre” i fascisti dalla vita politica, né vieta la loro ideologia in forma generica.
Il suo antifascismo è simbolico, non strutturale: un antifascismo “costituzionalmente educato”, più che radicale.
Dopo il 1953 nessuna norma costituzionale o legge ordinaria ha realmente impedito la ricomparsa di nostalgie, simboli, linguaggi e comportamenti fascisti.
Per oltre ottant’anni, l’antifascismo è stato presentato come il pilastro ideologico e morale su cui si fonda la Repubblica italiana.
Tuttavia, un’analisi attenta della Costituzione, delle sue disposizioni transitorie e delle successive applicazioni legislative e giurisprudenziali, mostra una realtà più sfumata e, per certi versi, contraddittoria.
La XII disposizione transitoria e finale vieta la riorganizzazione del partito fascista, ma non vieta l’ideologia fascista in sé né l’adesione individuale a idee di quel tipo.
Inoltre, le sanzioni politiche previste per i responsabili del regime sono state limitate nel tempo, con scadenza fissata entro cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione.
Dopo il 1953, anche gli ex gerarchi più noti poterono riacquisire diritti politici pieni e tornare alla vita pubblica, e molti lo fecero.
Le leggi successive - dalla legge Scelba del 1952 alla legge Mancino del 1993 - hanno dato un contenuto più concreto al divieto di apologia e ricostituzione, ma non hanno mai definito con chiarezza giuridica cosa si intenda per “fascismo”.
Questo ha permesso a diverse formazioni neofasciste, nel corso dei decenni, di muoversi liberamente nell’ambiguità normativa, eludendo sanzioni concrete.
Dunque, il cosiddetto “antifascismo costituzionale”, spesso presentato come un fondamento inviolabile e attivo della democrazia italiana, si è rivelato nei fatti un antifascismo incompiuto, limitato, talvolta solo simbolico.
È stato più una narrazione civile e retorica che un progetto giuridico coerente e vincolante.
Ha rappresentato la volontà di chiudere con il passato, ma senza mai affermarsi come reale filtro ideologico nella vita democratica del Paese.
Questo non significa negare il valore etico e storico della Resistenza, ma invita a ripensare criticamente il rapporto tra Costituzione, memoria e verità storica, e ad abbandonare le letture autoassolutorie che, per troppo tempo, hanno sostituito l’analisi con il mito.
Forse, sarà proprio per questo che da ottant'anni se ne continua a parlare ad ogni piè sospinto...
a cura di Massimiliano De Cristofaro










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